Con ordinanza n. 1780 depositata il 26 gennaio 2011 le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno affermato che il contrassegno SIAE ha natura tributaria e questo elemento servirebbe a radicare la giurisdizione delle commissioni tributarie, indipendentemente dal nomen iuris che viene attribuito dal legislatore alla prestazione patrimoniale imposta.
Il regolamento preventivo di giurisdizione è stato proposto da SIAE nelle more di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo che vedeva contrapposte la società di gestione collettiva del diritto d’autore da una parte, e una società dall’altra che ha richiesto di quanto da essa pagato nel periodo compreso tra il 2004 e il 2008 per il contrassegno apposto sui supporti multimediali ai sensi dell’art. 181-bis, L. n. 633 del 1941.
Evidentemente la richiesta di rimborso riguarda il costo vivo del cd. “bollino”, come stabilito dai regolamenti vigenti, e non certo il compenso per l’autorizzazione a utilizzare i contenuti tutelati dalla SIAE.
Partendo da una definizione data dalla Corte di Giustizia Europea (sentenza dell’8 novembre 2007 in causa C-20/05), le Sezioni Unite hanno spiegato che il contrassegno ha la funzione di autentificazione del prodotto ai fini della commercializzazione, in modo da garantire al consumatore che il prodotto acquistato è legittimo e non è un prodotto pirata. La Corte ha poi precisato che la doverosità della prestazione e il collegamento di questa alla pubblica spesa con riferimento a un presupposto economicamente rilevante attribuiscono al contrassegno SIAE natura tributaria.
Ciò comporta, restando comunque irrilevante il nomen iuris attribuito dal legislatore alla prestazione patrimoniale imposta, alla luce della nuova formulazione dell’art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, l’attribuzione delle controversie relative al contrassegno SIAE alla giurisdizione del giudice tributario, alla quale, intatti, appartengono tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati.
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