La notizia appare su blog.screenweek.it, non c’è traccia sulla stampa “ufficiale” e la accogliamo, quindi, più come un gossip, seppur verosimile, che offre interessanti spunti di riflessione.
Pare infatti che sia scoppiata una polemica su Twitter, colpevole di avere eliminato, su richiesta di MGM, tutte le foto scattate dai fan sul set del nuovo episodio della saga di James Bond, girato a Matera.
Riprese che sono ancora in corso, tanto che i Sassi di Matera sono stati destinatari di un intenso piano di chiusure e divieti di sosta con rimozione coatta, necessari a liberare le aree per il set, a cui si è appunto aggiunta la rimozione “forzata” delle fotografie scattate dai fan.
Questi nel caso di specie pare abbiano lamentato l’illiceità dell’oscuramento delle immagini pubblicate richiesto ed ottenuto da MGM, sostenendo che trattandosi di luogo pubblico, non potessero essere censurate le foto scattate.
Ma è veramente così? Ovvero, purché ci si trovi in luogo pubblico, si può fotografare e pubblicare gli scatti che ritraggano luoghi e/o persone senza alcuna limitazione e/o richiesta di autorizzazione?
E’ noto che a partire dalla diffusione degli smartphone e del venir meno del costo di stampa (pratica quasi caduta in disuso) è proliferata in modo quasi maniacale la tendenza a fotografare di tutto.
Del pari, grazie ai vari social web che stimolano alla condivisione di contenuti (qualunque essi siano) si è sviluppato l’incontenibile desiderio di pubblicare le fotografie scattate “gratis” grazie agli smartphone sui vari profili e siti web, di tal che quasi tutti sono soggetti ad una costante tensione di rispondere alla (inesistente?!) domanda di conoscenza altrui delle abitudini individuali, soddisfacendo così una (improbabile?!) ansia degli altri di assistere a spazi di vita ancorché privatissimi, possibilmente in diretta (fb e instgram insegnano!).
E che sarà mai se scatto e pubblico costantemente i miei selfie? E magari con me sono ritratti degli amici, tutti in costume, a mare! Si, anche con mogli e figli, che male c’è?!
Al massimo è un alimento per un innocuo voyeurismo digitale, no?!
Ma non si starà esagerando nel ritenere che il web e le moderne tecnologie rendano tutto lecito, al pari di quanto ogni cosa sia semplice?
Pur senza pretesa di esaustività, forse la questione è un po’ più complessa.
Innanzitutto (forse molti non lo sanno) c’è una normativa molto stringente per quel che riguarda i minori, a partire dal divieto di pubblicarne immagini senza il consenso di entrambi i genitori; si consideri poi che stante la diffusione del fenomeno di furto di immagini di bambini per l’impiego a fini pedopornografici buon senso porterebbe ad esimersi dal pubblicare immagini dei bambini, comunque.
A ben guardare, poi, per quanto riguarda la categoria dei “maggiorenni”, codice civile e legge sul diritto d’autore prevedono che ciascuna persona abbia il diritto di tutelare il proprio ritratto che quindi, senza consenso, non può essere pubblicato, salvo la ricorrenza di scopi didattici, scientifici, culturali, etc., finalità che è discutibile sussistano nella mera condivisione degli scatti sui social network che tutti conoscono.
Ancora, la pubblicazione di un’immagine ritraente un soggetto in una specifica posa potrebbe essere in concreto lesiva del decoro del medesimo, ad esempio in funzione del suo ruolo sociale, circostanza che restringe ancora di più la portata dell’eccezione sopra indicata.
Per quel che riguarda poi le fotografie di luoghi pubblici ne è lecita la pubblicazione, ma con specifiche limitazioni; lecita se ricorre uno scopo di discussione, critica, illecita se la finalità è commerciale, circostanza non per tutti ovvia. E’ quanto stabilisce il codice dei beni culturali.
Senza parlare delle opere dell’architettura (es. il palazzo cosiddetto “bosco verticale” milanese) che non possono essere ritratte, né le fotografie esposte senza il consenso dell’autore-architetto, circostanza anche questa non banale e forse sconosciuta ai più.
La questione quindi non appare più così lineare come sembrava all’inizio di questa breve trattazione.
Occorre poi tenere presente, nel caso di specie, che il personaggio di James Bond è sicuramente tutelato anche come marchio, il che limita la libera fruizione dei beni contrassegnati con il segno registrato.
A voler giustificare per altro verso la polemica dei follower che hanno protestato su Twitter, si potrebbe ricorrere forse all’ultimo paragrafo dell’art 97 LDA, quando prescrive che a causa della notorietà del soggetto ritratto, in presenza di “fatti… di interesse pubblico o svoltisi in pubblico” non sia necessario il consenso.
Ma siamo sicuri che la produzione non avesse applicato tutti gli accorgimenti necessari a “schermare” le riprese per proteggere l’effetto sorpresa del film, di tal che non si possa dire ricorresse propriamente un “fatto” pubblico?
E poi la finzione scenica oggetto degli scatti rubati in parola, che naturalisticamente appartiene alla realtà materiale, ma è espressione di qualcosa che accade nella fantasia dell’autore espressa in una sceneggiatura (soggetta a propria volta alla normativa sul diritto d’autore), può dirsi davvero “fatto” nel senso della norma presa in considerazione con le conseguenze ivi previste?
Tutto questo certamente spaventa il comune internauta social addicted e forse un po’ più di formazione sulle regole non sarebbe male, considerando che la società è sempre più immersa nella tecnologia.
Ma una cosa è certa: nonostante i dubbi, le polemiche (e gli svariati infortuni che pare si verifichino puntualmente agli stuntman ad ogni nuovo episodio della serie) James Bond non perderà mai il suo fascino!
Per approfondimenti: link.
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