L’Univideo (Unione Italiana Editoria Audiovisiva) ha pubblicato su un quotidiano, un avviso a pagamento in cui si richiede l’abrogazione del contrassegno S.I.A.E. sul DVD audiovisivo.
A questo proposito, la S.I.A.E., attraverso il proprio Ufficio Legislativo, fa presente che già nel 1998, l’UE, col “Libro verde sulla lotta alla contraffazione e alla pirateria nel mercato interno” (Commissario Mario Monti), definiva il contrassegno “strumento di garanzia e di autenticazione” per prodotti oggetto di transazione.
In linea con quanto auspicato dall’Unione Europea, il contrassegno S.I.A.E. sui supporti musicali e audiovisivi, è un elemento di immediata riconoscibilità dei prodotti leciti. E ciò vale sia per i consumatori, sia per le Forze dell’Ordine che operano sul territorio, ma anche per la Magistratura, cui è demandato l’accertamento delle responsabilità civili e penali.
Per questa ragione la legge n. 248 del 2000, definisce il contrassegno S.I.A.E. “segno distintivo di opera d’ingegno” agli effetti dell’applicazione della legge penale. Inoltre in Italia, tutte le Forze dell’Ordine (Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato, Polizie Municipali) hanno più volte sottolineato l’indispensabile ruolo che il contrassegno della S.I.A.E. riveste nello svolgimento del loro lavoro quotidiano di contrasto all’abusivismo ed alla contraffazione, ritenendolo elemento indispensabile (come, del resto, il sostegno tecnico degli stessi ispettori della S.I.A.E., che rivestono la qualifica di ausiliari di Polizia Giudiziaria) anche per la lotta contro organizzazioni criminali (non solo di stampo mafioso o similare, ma anche, in taluni casi, con finalità terroristiche).
Da qualche tempo, negli stessi Stati Uniti d’America l’Fbi sta praticando, sulla falsariga di quanto già avviene nel nostro Paese, l’apposizione sugli stessi supporti musicali e audiovisivi, di uno speciale sticker anticontraffazione. Il che sta a significare, ancor più, l’innegabile necessità di uno strumento di controllo della circolazione di questo tipo di prodotti di consumo culturale, per impedire al fenomeno della pirateria di dilagare in modo incontrollabile a danno non solo degli autori e dell’intera industria culturale, ma anche dello Stato per l’ingente evasione fiscale.
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