Presentato il rapporto Ashdown sulla pirateria informatica nelle aziende

Una ricerca internazionale condotta su oltre 2000 aziende dell’Europa Occidentale evidenzia una bassa e spesso confusa conoscenza delle norme sulla proprietà intellettuale, una generale scarsa considerazione della gravità della pirateria informatica e soprattutto l’esiguità delle azioni e delle politiche intraprese per controllare la legalità delle attività compiute al proprio interno.

Le aziende di tutta Europa mettono a rischio le proprie attività in quanto ignorano le responsabilità in materia di gestione del software. I dati emersi dalla ricerca sulla pirateria informatica condotta dal gruppo Ashdown e commissionata da Business Software Alliance (BSA) su un campione di oltre 2.000 piccole e medie imprese (PMI) situate in Europa occidentale indicano un elevato lassismo da parte degli amministratori nei confronti della pirateria software e dei sistemi di gestione.

Ai sensi dell’attuale legge in materia (248 del 2000) le aziende che utilizzano software senza licenza rischiano multe molto elevate ‘ che come minimo sono il doppio del valore commerciale del software duplicato illegalmente – e fino a tre anni di reclusione. Dalla ricerca emerge che il 30% dei responsabili IT delle aziende italiane non conosce le pene previste per l’utilizzo di programmi software duplicati illegalmente. Un altro 47% ritiene che tale reato comporti esclusivamente pene amministrative. Nonostante le possibili conseguenze disastrose molte aziende sono determinate a rischiare, ignorando la legge al solo scopo di abbattere i costi.

“Il caso Enron e altri casi importanti come questo hanno richiamato l’attenzione delle aziende su temi quali la responsabilità e la fattibilità ” ha dichiarato Beth Scott, Vicepresidente di BSA Europa, in occasione della presentazione dei risultati svoltasi oggi a Milano. “Per limitare i danni arrecati alla loro reputazione e successo ‘ ha proseguito Scott – le aziende devono capire chi ha la responsabilità della gestione delle attività fondamentali all’interno dell’azienda stessa, comprese quelle relative alla gestione del software. Ai sensi della normativa vigente la responsabilità ricade sul titolare dell’azienda o il legale rappresentante”.

Paolo Ardemagni, Presidente di BSA Italia ha proseguito evidenziando la notevole diversità italiana nel contesto europeo: “la ricerca odierna è partita dalla necessità di indagare le ragioni che collocano il nostro Paese ai vertici della classifica europea delle Nazioni a più alto tasso di pirateria informatica. Il motivo principale è risultato essere quello culturale”. Ha proseguito Ardemagni: “in Italia la percentuale di quanti conoscono il sistema delle licenze, la legge sul diritto d’autore e le relative pene è più elevata rispetto al resto dell’Europa, ma a questa diffusa informazione e consapevolezza non corrisponde una maggiore attitudine alla legalità . Sembra che la fantasia e la creatività per le quali gli Italiani sono noti nel mondo si traduca in maggiore propensione ad eludere ed aggirare la legge. In sintesi, siamo perfettamente informati su licenze e legge e altrettanto perfettamente pirati”.

Principali risultati della ricerca:
a) Comprensione della legge sulla pirateria e pratiche aziendali
1) Il 47% delle aziende utilizza programmi scaricati dalla Rete. Oltre la metà degli intervistati è consapevole che molti siti web commercializzano programmi software illegali.
2) L’Italia tra gli 8 Paesi europei coinvolti nella ricerca risulta essere al primo posto per numero di imprese che adottano specifiche policy sull’utilizzo in azienda solo di software legale e per tenere con una certa regolarità attività di auditing (con una percentuale del 75%). A livello complessivo solo il 63% delle aziende si affida a una policy software per salvaguardarsi dalle azioni di impiegati poco scrupolosi.

b) Attitudine verso la pirateria informatica
1) In Italia il 63% delle aziende considera la pirateria un vero reato. In termini relativi, tuttavia, è ritenuta meno grave della frode fiscale e della mancata adozione delle norme relative alla sicurezza sul lavoro.
2) Il 32% degli intervistati ritiene che il prezzo troppo elevato dei programmi attenui la gravità della pirateria informatica
3) A differenza di quanto si ritiene generalmente circa il 70% degli intervistati considera che la pirateria non danneggia solo i produttori di software.
4) L’Italia e con essa i Paesi ‘mediterranei’ ritengono che la pirateria informatica possa essere abbattuta attraverso una riduzione dei prezzi dei programmi. I Paesi del Nord Europa, al contrario, sono più favorevoli ad un inasprimento delle sanzioni e delle pene previste dalla legge.

“BSA porta avanti programmi in tutta Europa studiati specificamente per educare le piccole e medie imprese e fare in modo che comprendano l’importanza di stabilire linee di condotta e revisioni in materia di software. Stiamo inoltre dialogando con l’UE e con alcuni governi europei per aiutarli a sviluppare politiche in grado di proteggere le aziende e i consumatori da chi pratica la pirateria sul software. Dopo anni in cui abbiamo dialogato con le istituzioni europee per far loro comprendere l’importanza di una sempre maggiore tutela della proprietà intellettuale siamo soddisfatti di constatare che la Direttiva sui diritti d’autore e la Direttiva sull’e-commerce affrontino alcune delle questioni più importanti sul tappeto”, ha concluso in chiusura Beth Scott.

La redazione

Su Giovanni d'Ammassa

Avvocato con studio in Milano dal 1997, coltiva sin dall'Università lo studio e l’insegnamento del diritto d’autore. Fonda Diritttodautore.it nel 1999. Appassionato chitarrista e runner.

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