L’annuale studio sulla pirateria del software – commissionato da Business Software Alliance e realizzato anche quest’anno da IDC – mostra un tasso di illegalità stabile al 36% in Europa e in live calo (del 2%) nel nostro Paese che, finalmente dopo anni, mostra un trend di segno concorde a quelli degli altri grandi mercati europei. Le perdite assolute registrano una riduzione intorno ai 700 milioni di euro, pur restando il loro valore complessivo superiore agli 8 miliardi di euro.
“Il dato tendenziale è positivo, specie per il nostro Paese, l’unico nell’Europa occidentale ed economicamente sviluppata ad avere tassi di pirateria quasi balcanici”, commenta Luca Marinelli, Presidente di BSA Italia. “Ma molto resta ancora da fare, perché abbiamo pur sempre un 51% di software illegalmente utilizzato: insomma, più di un programma su due installati sui PC del Belpaese è privo di regolare licenza. Dobbiamo continuare a lavorare perché l’impegno a favore della legalità veda schierati insieme mondo aziendale, mondo associativo e mondo politico-istituzionale”.
Riassumendo i dati essenziali dello studio IDC, il tasso di pirateria nell’Unione Europea è calato di un punto, dal 37 al 36%, dal 2003 al 2005, ed è rimasto stabile con riferimento ai dati sull’anno 2006 (cui fa riferimento la ricerca). Se restringiamo la visuale alla sola Europa Occidentale, il tasso passa dal 36% del 2003 al 34% del 2006. Con riferimento al mercato italiano, invece, la pirateria è cresciuta dal 49% del2003 al 51% del 2006, pur registrandosi una riduzione rispetto al picco del 53% registrato nell’anno 2005.
Infatti, anche nel 2007 l’Italia rimane nella “Watch List” del Ministero per il Commercio USA fra i Paesi in cui la proprietà intellettuale dei prodotti non è sufficientemente tutelata (nonostante il riconosciuto impegno della Guardia di Finanza), con evidente svantaggio negli scambi commerciali internazionali su cui il nostro sistema si basa.
In Italia le perdite legate alla pirateria del software nel 2006 si sono dunque ridotte di circa 119 milioni di euro, dai 1.157 milioni di euro del 2005 ai 1.038 del 2006.
Questa situazione a livello di UE è frutto del lavoro di armonizzazione fra le legislazioni dei Paesi comunitari, che ha sortito effetti positivi sulle attività di enforcement antipirateria all’interno della regione. Nondimeno, le perdite economiche rimangono significative e la pirateria continua a rappresentare una seria minaccia allo sviluppo dei rispettivi mercati ICT nazionali. Rimane fattore chiave il disporre di una legislazione locale efficace nel proteggere le aziende ed i sistemi economici nel loro insieme da questo freno allo sviluppo, alle entrate erariali, all’innovazione e alle stesse potenzialità competitive e occupazionali.
Una minaccia che trova nel medium Internet un potentissimo mezzo di distribuzione dei prodotti illegali, che oltretutto rischia di avvantaggiarsi pericolosamente della proposta di Direttiva ‘Criminal Law’, recentemente approvata dal Parlamento Europeo. Quest’ultima, pur con l’obiettivo di armonizzare le legislazioni nazionali europee, rischia di introdurre di fatto la depenalizzazione dello “scopo di profitto” (ossia, risparmiare sul prezzo d’acquisto) implicito in chi si procura software pirata, a patto che poi non lo commercializzi (ossia, non lo rivenda ad altri per trarne lucro).
“Depenalizzando lo ‘scopo di profitto’” – commenta Simona Lavagnini, Legal Counsel di BSA Italia – “Il Parlamento Europeo rischierebbe di rendere ancora più difficile l’istruzione di processi per reati contro la proprietà intellettuale creando un’isola d’impunità di fatto, oltre che di offrire una sponda a quei gruppi che operano al vertice della piramide della pirateria digitale e online – spesso più per fini di provocazione e autopubblicità che per reali intenti di profitto – ma che causano comunque ingenti danni economici all’industria informatica, diffondendo virus e altre forme di codici dannosi”.
Lo studio IDC sottolinea che la diffusione delle connessioni a banda larga nei Paesi più industrializzati ha condotto Internet a diventare il principale canale distributivo di software illegale, mentre nelle economie emergenti sono ancora preferiti i CD-rom contraffatti (ma presto anch’essi seguiranno la strada del web). Inoltre, mentre l’Europa Occidentale è ancora l’area che soffre delle perdite più cospicue (a causa delle maggiori dimensioni del mercato ICT), nei Paesi dell’Europa dell’Est i primi successi nella lotta alla dilagante illegalità (un calo dell’1%, che porta il tasso medio del subcontinente al 68%) bilanciano parzialmente gli elevati tassi d’incremento del mercato ICT in quei Paesi di più recente industrializzazione. Il risultato è un incremento delle perdite di 639 milioni di euro in valori assoluti, il che porta i mancati volumi d’affari complessivi causati della pirateria all’ICT dell’Est europeo ad oltre 3 miliardi di euro.
Tra gli altri spunti che la ricerca IDC ci offre sullo scenario globale, possiamo ricordare che i tassi di pirateria sono cresciuti di mezzo punto percentuale in Finlandia e Germania, pur restando le perdite complessive costanti, a causa dell’orientamento del settore verso investimenti in software dai costi più contenuti; che invece in Grecia (fanalino di coda della classifica europea) si assiste ad un calo del 3%, dovuto a modifiche legislative che hanno consentito alla locale polizia tributaria di investigare anche gli asset informatici. Che piccole riduzioni dei tassi d’illegalità fanno calare le perdite subite anche in Francia (-381 milioni di euro) e Olanda (-131 milioni di euro).
IDC stima che nell’arco dei prossimi 4 anni verranno investiti in software per PC oltre 250 miliardi di euro (350 miliardi di dollari). Ai tassi di sviluppo del mercato e di pirateria attuali, ciò significherebbe perdere oltre 133 miliardi di euro (180 $ MLD) in termini di mancati volumi d’affari per l’industria informatica, con le ovvie ricadute sui sistemi fiscali nazionali e sulle potenzialità occupazionali del settore.
Per ulteriori dettagli, o per scaricare lo studio completo, consultare www.bsa.org/globalstudy.
Nota: lo studio IDC registra la pirateria su tutti i pacchetti software che girano su PC, desktop, laptop e palmari. La ricerca non comprende altri tipi di software, come quelli per i server o i mainframe. Per stimare le vendite nazionali e i relativi tassi di pirateria, IDC si basa su statistiche proprietarie e sui report di 50 analisti operanti in altrettanti filiali nazionali del suo network.
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