A cura dell’Avv. Giovanni d’Ammassa
Ultimo aggiornamento: 3 gennaio 2014
Il diritto d’autore è, giuridicamente parlando, un istituto molto giovane. Solo in tempi recenti, rispetto alla normale evoluzione del nostro diritto che comincia a formarsi più di duemila anni fa, viene sentita l’esigenza di un riconoscimento di alcuni diritti a favore dell’autore.
Questa esigenza viene in essere successivamente all’invenzione della stampa e con la conseguente nascita dell’attività editoriale, produttiva di forti interessi economici, che porta alla circolazione di un rilevante numero di esemplari stampati di opere letterarie originali.
Il problema della tutela delle opere letterarie e artistiche si era presentato in modo rilevante anche in tempi più antichi: già Seneca aveva notato come il libraio Doro parlasse dei libri di Cicerone come se fossero suoi, e sottolineava come fossero nel vero sia il libraio sia coloro che attribuivano i libri all’autore!
Per comprendere in pieno il diritto d’autore e la sua storia bisogna tenere in considerazione la distinzione che si crea tra l’esistenza di un diritto di proprietà immateriale (corpus mysticum) disgiunto da quello del possesso materiale del bene (corpus mechanicum), ossia tra il diritto dell’autore di un’opera musicale, di un manoscritto, di un quadro o di una statua, e il diritto di chi possiede materialmente i supporti contenenti tali opere.
Nell’antichità, non essendo possibile, se non in maniera limitata, una produzione di un numero rilevante di copie tratte dall’originale dell’opera, non si poneva un problema di tutela, neppure di tipo economico: l’autore traeva i mezzi di sostentamento direttamente dai committenti dell’opera, o dalla città che lo ospitava, o dai governanti, dai nobili, dal ceto più ricco. Dal punto di vista di tutela della paternità dell’opera, troviamo in alcuni classici il racconto di episodi di “plagio“, che, scoperti, portano all’allontanamento dell’autore colpevole dalla comunità.
Nell’Antica Grecia le opere sono liberamente riproducibili in mancanza di specifiche disposizioni legislative. Gli autori sono comunque tenuti in grande considerazione e ottengono lauti compensi dai committenti. L’indebita appropriazione di paternità è oggetto di condanna, anche se è operata una distinzione tra opere letterarie e opere dell’arte plastica e figurativa.
In Roma nessun diritto patrimoniale è riconosciuto agli autori di opere dell’ingegno, ma solo al librario o all’editore che ha il possesso del manoscritto. E’ però difesa la paternità dell’opera, e sono riconosciti all’autore il diritto di non pubblicare l’opera e il diritto di mantenerla inedita.
Una volta che l’opera è pubblicata (tramite una prima lettura in pubblico, o la diffusione tramite manoscritto), i diritti attengono alla cosa materiale che ne costituisce il supporto.
Con la caduta dell’Impero Romano, la cultura si rifugia nei monasteri, nelle corti, o in pochi centri abitati di una certa rilevanza. Solo con il sorgere delle Università si sviluppa una domanda di copie di testi letterari, e, di conseguenza, un mercato degli stessi. Nascono così le prime officine scrittorie.
Un primo barlume di tutela viene perciò a svilupparsi, grazie all’invenzione della stampa, nella tarda metà del quindicesimo secolo a Venezia, sotto la forma di privilegio (di stampa), concesso dapprima agli editori e agli stampatori. Successivamente il sistema dei privilegi si estende e, in considerazione del lavoro creativo, dello studio e della fatica che comporta la genesi di un’opera, la tutela è attribuita anche all’autore, al quale è riconosciuta la facoltà di prestare il consenso per la pubblicazione della propria opera.
Tale sistema, debitamente ampliato, perdura fino al diciottesimo secolo, quando si giunge all’emanazione di leggi più organiche.
La più antica è lo Statuto della Regina Anna del 1709, che introduce in Inghilterra il copyright (diritto alla copia), seguita dalla legge federale degli Stati Uniti del 1790 e dalle leggi francesi rivoluzionarie del 1791 e del 1793, in cui si riconobbe finalmente l’esistenza di una proprietà letteraria e artistica. Successivamente tutti i principali stati europei si dotano di una legge a tutela del diritto d’autore
In Italia un primo decreto in materia è emanato dal governo rivoluzionario piemontese nel 1799, seguito da una legge più completa, promulgata nel 1801 nella Repubblica Cisalpina.
Successivamente, dopo la restaurazione, i diversi Stati della penisola pubblicano differenti provvedimenti legislativi: ma data la grossa frammentazione politica della penisola queste leggi erano quasi inutili per il loro limitato ambito applicativo. Per ovviare in parte a questo inconveniente, la Toscana, lo stato Sardo e l’Austria nel 1840 stipulano una convenzione per una protezione comune del diritto d’autore.
La prima vera legge italiana risale al 1865, subito dopo l’unificazione della penisola, e poi, tradotta nel testo unico 19 settembre 1881 n. 1012, rimane in vigore fino al 1925, quando è sostituita da una nuova normativa.
La legge 22 aprile 1941 n. 633 e relativo regolamento del 18 giugno 1942 n. 1369, regolamentano più estesamente ed efficacemente la materia e, con alcune successive modifiche e integrazioni, sono tuttora in vigore. Disposizioni sul diritto d’autore si trovano nel nostro Codice Civile del 1942 agli articoli 2575-2583.
Negli ultimi anni la nostra legge ha subito numerosi interventi, per far sì che si adeguasse ai nuovi mezzi di comunicazione dell’opera dell’ingegno e al mutato contesto tecnologico. In questo senso molto dobbiamo al recepimento delle Direttive CE in materia.
La società dell’informazione
Una svolta epocale nella fruizione delle opere dell’ingegno, che può essere pari a quella dell’invenzione della stampa, è determinata dalla digitalizzazione. L’opera, scorporata dal supporto fisico tradizionale, è trasformata in un flusso di numeri (sequenze di 0 e di 1) che sono trasmessi in qualsiasi modo e in qualsiasi luogo, e permettono di ricostruirla in maniera identica all’originale.
Si verifica così una trasmissione di massa dell’opera a costi bassissimi, se non nulli (anche di immagazzinamento), senza perdita di qualità. La trasmissione può avere luogo non solo da punto a massa, come succede per esempio con la trasmissione dei programmi televisivi via etere, ma anche da punto a punto.
L’opera è fruibile senza che l’utente sia in qualche modo obbligato a recarsi fisicamente nei luoghi tradizionali della cultura (negozi di libri o di dischi, cinema, teatro, concerto, e così via), ricevendola direttamente sul terminale abilitato (telefono, palmare, computer, e altro). L’opera è fruita nel luogo e nel momento scelto dal consumatore.
Dall’opera possono essere tratte innumerevoli copie dalla qualità identica. L’opera è “dematerializzata” in quanto non più incorporata in un supporto.
Sembra quindi estinguersi la figura dell’intermediario, rappresentato dall’industria cosiddetta “culturale”: l’autore, l’artista, ha invece la possibilità di raggiungere direttamente il suo pubblico, non ha bisogno di riprodurre su un supporto le proprie opere, di immagazzinarle, di trasportarle, e non è ostacolato dalle frontiere e dalle dogane.
Il consumatore trasmette con facilità le copie digitali realizzate a costi nulli, il più delle volte non è conscio di compiere un atto illecito, è difficilmente individuabile, e un’azione nei suoi confronti è antieconomica e impopolare.
Vi è notevole difficoltà di controllo della circolazione dell’opera.
Tutti questi aspetti hanno negli ultimi anni fortemente condizionato il legislatore, il quale, già alla fine degli anni ’80, ha cominciato a studiare una soluzione che portasse a una regolamentazione della circolazione dell’opera dell’ingegno nella c.d. società dell’informazione che tenesse conto degli interessi di autori, industria culturale e pubblico, e del diverso modo di fruizione delle opere.
Il dibattito ha portato quindi alla redazione dei due trattati WIPO di cui sopra, recepiti negli Stati Uniti con il DMCA (Digital Millenium Copyright Act) e in Europa con la Direttiva 2001/29/CE.
L’evoluzione della tutela internazionale
Dato lo sviluppo avanzato dei sistemi di comunicazione della nostra era e dei mezzi che facilitano la riproduzione, la protezione dell’opera artistica si è resa molto più complessa e si richiede oggi una tutela non più esclusivamente nazionale ma internazionale.
Sono state così stipulate dapprima una serie di convenzioni tra i diversi stati, che sono poi sfociate nella “Unione per la protezione delle opere letterarie e artistiche” (nota comeConvenzione di Berna) sottoscritta a Berna nel 1886, di cui l’ultima revisione è del 1971.
Nel 1952 è firmata a Ginevra la Convenzione Universale del Diritto d’Autore, entrata in vigore nel 1955, mentre a Roma nel 1961 fu firmata la Convenzione per la protezione dei diritti degli esecutori, interpreti e produttori fonografici.
Nel 1994 è ratificato l’Accordo TRIPS sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, mentre del 1996 sono i due trattati WIPO, il WIPO Copyright Treaty(WCT) e il WIPO Performances And Phonograms Treaty (WPPT).
L’obiettivo del legislatore internazionale è quello di raggiungere una tutela sovranazionale del diritto d’autore armonizzata, per ridurre le distorsioni e gli impedimenti nel commercio internazionale e tenendo conto della necessità di promuovere una protezione sufficiente ed efficace dei diritti di proprietà intellettuale, nonché di fare in modo che le misure e le procedure intese a tutelare i diritti di proprietà intellettuale non diventino esse stesse ostacoli ai legittimi scambi.
Riferimenti bibliografici
Giovanni d’Ammassa, Introduzione, in AAVV, Diritto d’autore e diritti connessi nella società dell’informazione, KLUWER 2003.
Luca Bellingeri, Dal sistema dei privilegi alla legge n. 633 del 1941: l’evoluzione del diritto d’autore nella normativa italiana, in Antonella De Robbio (a cura di), La proprietà intellettuale tra biblioteche di carta e biblioteche digitali, AIB 2001
Luigi Carlo Ubertazzi, I Savoia e gli autori, Giuffrè 2000
Giorgio Jarach, Manuale del diritto d’autore, Mursia 1983