L’intervista

Traduzione e adattamento a cura di Gaetano Dimita

[…] Le vorrei fare due domande: la prima riguardo la regolamentazione dei “diritti connessi” nel Regno Unito in confronto all’Italia […]; e la seconda riguardo la “copia privata” […].

Il problema principale degli interpreti, dell’industria discografica e dei titolari dei diritti è la mancanza l’armonizzazione in Europa: dovunque, la disciplina varia da stato a stato.
È probabilmente giusto affermare che nel Regno Unito abbiamo diritti molto forti, ma ci sono determinate aree dove siamo svantaggiati rispetto il resto d’Europa.
Nel caso di copia privata, per esempio, noi, nel sistema Inglese, non siamo autorizzati a ricevere denaro dalla vendita di cd vergine o cassette vergini, o dalla vendita dei macchinari venduti al pubblico [1]. Noi non ne traiamo assolutamente guadagno.
Anche se è previsto dalla nuova Direttiva Europea sul Diritto d’Autore che gli Stati membri devono implementare entro la fine del 2003, (sono già in ritardo e alcuni di essi saranno penalizzati dalla Commissione Europea), io non credo che il governo Inglese ci concederà questo diritto, neanche adesso. Abbiamo già da anni questo handicap rispetto al resto d’Europa, e continueremo ad averlo [2].
Molte delle industrie che guardano al futuro, pur avendone la possibilità, credo ci penseranno due volte a fare lobby per un tassa sulle copia private. Anche perché il compenso è di quasi nessun valore.
Oggi noi esploriamo una situazione del tutto nuova, una nuova forma di comunicazione, nuove opportunità riguardo la musica, i film, tutto. Come bilanciare la perdita di guadagno dovuta al calo di vendite di formati che sono in declino seguendo un “trend” mondiale inerrestabile?
I giovani e i ragazzini dall’età di 5 anni sanno usare il computer, gli piace “premere bottoni” e non hanno assolutamente bisogno di uscire e comprare un “pezzo di plastica” con musica o un film inciso sopra.
E dal loro punto di vista, quando in questa nuova era sono i genitori a pagare le sottoscrizioni e tu puoi ottenere, se sei preparato a pagare per questo, tutti i film, tutta la musica, tutti i video, perché i ragazzi dovrebbero uscire e spendere la propria “paghetta” per comprare plastica, quando possono premere un bottone e ottenere quello che vogliono e poi farlo di nuovo il giorno dopo: tanto mamma e papà pagano per questo.
La perdita di questo enorme guadagno, che per decenni ha supportato l’industria e reso possibile agli editori e alle industrie discografiche e a tutti gli altri di investire e re-investire in nuovi talenti, nuove bands, nuovi artisti?
Questa è la prova decisiva, persone come la SCS, BPL ed altri devono fare qualcosa per aiutare gli interpreti e le etichette discografiche ad aumentare i guadagni attraverso il broadcasting e le public performances e i nuovi media devono sviluppare un sistema per compensare, al limite anche solo parzialmente, la perdita di guadagno dell’industria musicale.
Per tornare alla domanda, si è vero in entrambi i casi, Nel Regno Unito abbiamo diritti più forti che in Italia, ma ci sono delle aree come la copia private e il noleggio in cui è non abbiamo diritti forti.
Ma francamente, e questa è una opinione personale, io non vorrei più fare lobby per un diritto a ricevere remunerazione dal noleggio di un Cd e non vorrei neanche avere il diritto esclusivo di dire “no” al noleggio.

Quindi in Inghilterra è proibito fare una “copia privata” di un Cd?

Si, assolutamente si.

E poi avete il diritto di impedire il noleggio dei Cd, vista l’implementazione della Direttiva Europea?

Si abbiamo un diritto esclusivo. È possibile una forma di controllo.
Le uniche modifiche che il governo ha dovuto fare riguardavano solo le biblioteche pubbliche, dove i membri del pubblico possono chiaramente prendere in prestito, usare a casa, ma questo è fatto tramite accordi particolari, il numero delle copie è limitato. Non c’è controllo nelle biblioteche, ma abbiamo un diritto assoluto di dire “no” al noleggio commerciale, abbiamo un diritto esclusivo.

E riguardo i diritti connessi del produttore di fonogrammi? Come da Lei detto precedentemente, nel Regno Unito sono più estesi che in Italia, hanno una lunga storia…

Si, è vero

La gente sa che “deve pagare”.

Si c’è una lunga storia di “pagamenti” di broadcasting e della musica suonata in pubblico, in locali, negozi, ristoranti ?
Come puoi immaginare, però, anche quando hai questi diritti, non è facile farli rispettare: è relativamente facile nel broadcasting, ogni broadcaster sa che per legge deve avere una licenza e deve pagare, e quindi ci sono negoziazioni, ma controllare centinaia di locali come ristoranti, clubs, discoteche, negozi, etc?. Molti di loro pagano, alcuni no.
Credo che quando la gente pensa di riuscire a non pagare senza che nessuno se ne accorga, non pagherà fin quando qualcuno non bussi alla porta . Abbiamo pochi rappresentanti che si occupano di questo, 4 o 5 persone che praticamente vanno su e giù per il paese, e quando trovano un ristorante o altro posto dove viene suonata musica chiedono in modo educato se ha la licenza. Se si, tutto a posto, se no spiegano che gli interpreti e le case discografiche hanno un diritto esclusivo di concedere licenze e di farsi pagare, inoltre spiegano le tariffe.
Molto spesso la licenza costa circa 80 sterline l’anno [3], cifra che lascia senza parole, se si considera il diritto di usare la musica 24 ore al giorno, 7 giorni la settimana. E una piccola cifra, ma naturalmenete, quando la moltiplichi per 700.000 locali, diventa una cifra di un certo rilievo.
Non è un sistema perfetto. Non è che in Italia sia migliore o peggiore, abbiamo storie ed esperienze diverse. In alcune aree siamo “buoni”, in altre meno. Varia enormemente.
Noi abbiamo una lunga storia e questa è una disciplina basilare e la gente sa che deve pagare che gli piaccia o no.

[…] C’è qualcos’altro che le interessa sottolineare?

Si, vorrei aggiungere quanto sia importante che organizzazioni come la SDL, PDL, GL in Germania, UCL in Olanda, e le organizzazioni equivalenti in tutto il mondo, diventino sempre più serie e concentrate sul fatto che, probabilmente, il valore della musica non sta’ soltanto nella sua bellezza, ovviamente è fantastica, è un privilegio e rende il mondo un posto migliore, più bello, più tollerante e tollerato, la società diventa, grazie alla musica, più “morbida”, addirittura forse più civilizzata, ma al di la’ di tutto questo, la musica ha un enorme valore economico in Europa, sia che sia musica Classica, Lirica, Jazz, Rock ‘n’ Roll, Pop, Dance, in Europa le abbiamo tutte.
I governi Europei, incluso quello Inglese, non apprezzano ancora il valore economico della musica, e non solo della musica europea, insomma: il valore economico dell’industria del diritto d’autore, che è cultura e che dobbiamo offrire al resto del mondo.
Credo che nei prossimi anni l’Europa, Regno Unito compreso, perderà gradualmente molte delle industrie manufatturiere: tappeti e cose simili verranno da altri posti, saranno più economici rispetto a quello che l’Europa può offrire, e di buona qualità, la stessa qualità.
L’unico campo in cui l’Europa sarà in grado di competere, a parte la finanza, le assicurazioni e il commercio, sarà la cultura che si basa sul diritto d’autore [4].
Film, moda, design, letteratura, teatro, programmi per computer, e ? musica soprattutto.
L’europa deve crescere e prendere più seriamente la propria cultura e il valore economico di questa.

La gente, però, si lamenta della scarsa qualità del prodotto europeo. Cosa pensa al riguardo?

È difficile rispondere? “La qualità” è ovviamente un argomento molto soggettivo: quello che piace ad alcuni può essere considerato spazzatura da altri?, ma si forse c’è un elemento di “breve scadenza”.
Negli ambienti dell’industria musicale Inglese c’è un grande dibattito riguardo alla musica di oggi in confronto a quella di 30 anni fa. Non abbiamo nuovi Eric Clapton o Elton John, Led Zeppelin, Rolling Stones, the Beatles, etc, e adesso ci chiediamo perché oggi si mira a promuovere artisti “breve scadenza” al posto di artisti “a lunga conservazione” che non devono essere abbelliti artificialmente. Oggi la tecnologia è tale che se sei bello e balli bene, non serve che sappia cantare, tutto verrà sistemato in studio.
Io lo odio, è una visione personale, ma preferisco la gente di talento, cha sa cantare, suonare, magari contemporaneamente, quello che sarà un artista “a lunga conservazione”. L’industria musicale, aggiungo, si dovrebbe concentrare su questo.

Ma l’industria musicale si concentra su artisti da che scompaiono in una stagione…

Si, hai ragione, questa è proprio la più grande sfida dell’industria musicale: proteggere il valore della musica e del diritto d’autore, in modo tale che ci sia anche spazio per la “varietà”.
A costo di apparire sentimentale e all’antica, in qualche modo è come se i giovani siano un po’ meno “fedeli” alla band, all’artista rispetto al passato. Vogliono qualcosa subito, che sia attuale, che stia succedendo adesso sullo schermo, nei locali, oggi, questa settimana, questo mese; in tre mesi sarà qualcosa di totalmente diverso.
Non penso che dobbiamo dare supporto a questo fenomeno sopprimendo gli artisti “a lunga conservazione”, ma l’industria musicale ha difficoltà a soddisfare gli adolescenti e i ragazzi di 8, 9, 10 anni che consumano musica di artisti “a breve scadenza” e allo stesso tempo cercare, trovare e investire e supportare i nuov Eric Clapton, Rolling Stones, Simple Red del domani.
È difficile, ma questa è la sfida delle case discografiche e degli editori: trovare autori di canzoni di qualità come Eric Clapton ed Elton John e rimanre con loro e supportarli per un po’ d’anni, senza abbandonarli dopo un anno per aver fallito la produzione del nuovo album.

Note

[1] In Grecia un compenso di questo tipo si paga all’acquisto di un Personal Computer [nota del traduttore].
[2] Più volte la lobby dell’industria musicale Inglese ha cercato di far adottare il cd. Levy System (il prelievo sul prezzo di vendita, appunto, dei supporti vergini per la registrazione). Nonostante in molti paesi si già un sistema sperimentato, in Inghiletrra è stato storicamente rifiutato per la supposta ingiustizia di un simile sistema nei confronti di chi utilizza tali supporti per la registrazione di “opere” non tutelate o di cui se ne possiede il diritto. Il caso limite utilizzato fu quello della realizzazione di “audiocassette per i non vedenti” [ndt].
[3] Circa 120 Euro [ndt].
[4] Nonostante le diversità tra i due sistemi si è preferito tradurre il termine “copyright” con l’italiano “diritto d’autore” [ndt].

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