La relazione alla proposta di Direttiva

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE
Bruxelles, 20.02.2002
COM(2002) 92 definitivo
2002/0047 (COD)

Proposta di
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici(presentata dalla Commissione)

RELAZIONE

OBIETTIVO DELL’INIZIATIVA COMUNITARIA

Negli scorsi anni la creazione di software ha conosciuto una crescita costante. Ha assunto un peso notevole nell’economia europea e ha contribuito in misura rilevante al PIL e all’occupazione. Nel 1998 il valore del mercato europeo del software era di 39 miliardi di ?[1].
Secondo un recente studio di Datamonitor[2], il numero degli addetti al settore del software nei paesi dell’Europa occidentale aumenterà dal 1999 al 2003 a ritmi compresi tra il 24% e il 71%, con una media del 47%. Inoltre, sempre secondo questo studio, ogni posto di lavoro nel settore del software crea 2-4 posti di lavoro nei settori a valle e un posto di lavoro nei settori a monte.

Le potenzialità di crescita e, quindi, di incidenza sull’economia sono accresciute dalla sempre maggiore importanza del commercio elettronico nella società dell’informazione basata su Internet. Poiché l’industria del software ha ormai raggiunto lo stadio della maturità, nuove avanzate sono sempre più ardue e costose e, al tempo stesso, ogni innovazione può facilmente essere copiata.

Il brevetto ha una funzione essenziale di tutela delle invenzioni tecniche in generale. Il principio su cui si fonda il sistema dei brevetti si è dimostrato efficace per tutti i tipi d’invenzioni che hanno finora goduto, negli Stati membri della Comunità europea, della tutela del brevetto. Il brevetto è un incentivo ad investire il tempo e i capitali necessari e stimola l’occupazione. L’insieme della società trae benefici dalla divulgazione di un’invenzione, che produce un progresso tecnologico da cui altre invenzioni potranno scaturire.

Per quanto riguarda la tutela brevettuale delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici[3], la situazione giuridica attuale è ambigua e quindi fonte di incertezza. In realtà, le legislazioni degli Stati membri in materia brevetti e la convenzione sul brevetto europeo (CBE)[4] escludono dalla brevettabilità i programmi per elaboratori “in quanto tali”, ma migliaia di brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici sono stati rilasciati dall’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) e dagli uffici nazionali dei brevetti. Molti di tali brevetti riguardano i settori chiave della tecnologia dell’informazione, ossia l’elaborazione dei dati digitali, il riconoscimento, la rappresentazione e la conservazione dei dati. Altri brevetti sono rilasciati in settori tecnici quali l’ingegneria automobilistica e meccanica, ad esempio per i processori controllati da programmi.

Mentre le disposizioni di legge che stabiliscono le condizioni per il rilascio di tali brevetti sono simili, la loro applicazione nella giurisprudenza e nella pratica amministrativa degli Stati membri presenta divergenze. Vi sono differenze, in particolare, tra la giurisprudenza delle commissioni di ricorso dell’Ufficio europeo dei brevetti e quella dei tribunali degli Stati membri. Accade così che un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici possa essere protetta in uno Stato membro ma non in un altro, con effetti diretti negativi sul buon funzionamento del mercato interno[5].

La presente direttiva intende affrontare questa situazione armonizzando le legislazioni nazionali in materia di brevetti per quanto riguarda la brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici e rendendo più trasparenti le condizioni di brevettabilità.

GLI ANTEFATTI DELL’INIZIATIVA: LE CONSULTAZIONI DELLA COMMISSIONE

A seguito della consultazione basata sul Libro verde del 1997 sul brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti in Europa[6], all’inizio del 1999 la brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici è stata individuata come una delle questioni prioritarie su cui la Commissione europea avrebbe dovuto adottare rapidamente un’iniziativa[7]. Si è ritenuto che una direttiva d’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri al riguardo avrebbe eliminato l’ambiguità e la mancanza di certezza giuridica sulla questione. Inoltre, è stato stabilito che, parallelamente a questa azione a livello comunitario, gli Stati aderenti alla CBE avrebbero adottato misure per modificare l’articolo 52, paragrafo 2, lettera c) della Convenzione, in particolare per espungere i “programmi per elaboratore” dall’elenco delle invenzioni non brevettabili.

Dopo il 1999 il dibattito pubblico sulla questione si è aperto ed è andato intensificandosi. Da alcune parti dell’industria europea è giunta ripetutamente la richiesta di una rapida azione per eliminare l’attuale ambiguità e l’incertezza giuridica attorno alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici; d’altra parte, i creatori e gli utenti di software libero e un numero consistente di piccole e medie imprese che li appoggiano hanno manifestato crescenti riserve sui brevetti di software.

Il 19 ottobre 2000 la Commissione europea ha dato avvio alla fase finale delle consultazioni, nella quale il pubblico e gli Stati membri sono stati invitati a formulare i loro commenti su un documento disponibile su Internet[8].

La consultazione ha adottato un duplice approccio. In primo luogo, è stata posta la questione fondamentale della necessità di un’azione a livello comunitario per l’armonizzazione e, in caso di risposta affermativa, del suo livello adeguato in termini generali. In seguito, è stata presentato in modo dettagliato lo stato attuale della giurisprudenza stabilita dall’UEB e sono stati proposti alcuni elementi molto specifici che potrebbero figurare in un’armonizzazione basata sullo status quo.

Sono giunte circa 1 450 risposte, che sono state analizzate da un contraente, la cui relazione è stata pubblicata[9].
Da queste risposte emerge chiaramente la necessità di un’azione. La situazione attuale, in cui manca una precisa definizione dei requisiti di brevettabilità, è considerata fortemente penalizzante per l’industria. Circa i provvedimenti da adottare, però, i pareri divergono nettamente tra quanti vorrebbero limitare rigorosamente i brevetti relativi al software (o vietarli del tutto) e i fautori di un’armonizzazione ad un livello più o meno corrispondente allo status quo definito dalla prassi corrente e dalla giurisprudenza dell’UEB.

Prevalgono numericamente le risposte dei sostenitori del software libero, le cui opinioni variano dal rifiuto assoluto dei brevetti per il software alla posizione “ufficiale” della Eurolinux Alliance, contraria ai brevetti per il software utilizzato sui computer di uso generale. Reazioni sostanzialmente favorevoli all’approccio del documento di consultazione sono invece giunte da organizzazioni regionali o settoriali rappresentanti numerose società di ogni dimensione, come UNICE (Union of Industrial and Employer’s Confederations of Europe), EICTA (European Information and Communications Technology Industry Association) e la European IT Services Association, oltre a grandi organizzazioni, altre associazioni di categoria e operatori nel campo della proprietà intellettuale. Anche se queste ultime risposte sono state numericamente assai inferiori a quelle favorevoli al software libero, non sembrano esserci molti dubbi sul fatto che la bilancia del peso economico, tenendo conto del totale dei posti di lavoro e degli investimenti in gioco, pende a favore dell’armonizzazione secondo le linee suggerite nel documento.

La Direzione generale Imprese della Commissione ha inoltre commissionato uno studio riguardante in modo specifico le piccole e medie imprese (PMI)[10] e diretto ad esaminare in che modo le PMI che operano nel campo del software affrontano le questioni di proprietà intellettuale. Uno degli obiettivi principali era quello di produrre un opuscolo destinato a migliorare l’informazione delle PMI sui vari metodi e le varie forme di tutela della proprietà intellettuale. La ricerca è stata condotta in gran parte su base documentaria, ma è stata integrata da un questionario inviato a PMI europee del settore del software, selezionate a partire da varie fonti. Dodici PMI hanno risposto ai questionari. L’indagine è stata estesa anche ad alcune grandi società europee e a varie organizzazioni pubbliche di ricerca.

Le PMI che hanno risposto al questionario si sono in genere dimostrate poco informate circa i brevetti come mezzo di protezione dei loro prodotti. I brevetti sono considerati complessi, costosi e difficili da applicare per le piccole imprese e quindi meno utili del diritto d’autore o di mezzi informali di protezione. Le PMI sono risultate poco informate anche sulle possibilità di utilizzare i brevetti come fonte d’informazione tecnica. Questi risultati evidenziano la necessità di una migliore informazione delle PMI e rappresentano in modo particolare una sfida per gli operatori e i responsabili della gestione dei vari sistemi.

La Commissione ha esaminato la questione del grado di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di brevetti per quanto riguarda le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, considerando i probabili effetti della proposta sull’innovazione e la concorrenza, in Europa e sul piano internazionale, e sulle imprese europee, compreso il commercio elettronico. Inoltre, essa ha preso in considerazione gli effetti sulle piccole e medie imprese e sulla creazione e sulla diffusione del software libero. A questo scopo, in particolare, si è tenuto conto delle conclusioni di uno studio sull’impatto economico della brevettabilità dei programmi per elaboratore e di altri studi economici pertinenti[11]. Nel determinare le condizioni della brevettabilità, la Commissione ha esaminato con particolare attenzione la prassi in vigore nei paesi principali partner commerciali dell’Europa, in particolare negli Stati Uniti e in Giappone. In questo contesto, è stata valutata la brevettazione negli Stati Uniti dei metodi informatici per l’esercizio di attività commerciali, con particolare riguardo per i brevetti che hanno applicazioni nel commercio elettronico. I brevetti di metodi commerciali sono diventati oggetto di un importante dibattito nei paesi industrializzati.

LA CONCORRENZA INTERNAZIONALE: LA SITUAZIONE GIURIDICA NEGLI STATI UNITI E IN GIAPPONE

Per creare condizioni di parità tra l’Europa e gli Stati Uniti per quanto riguarda la tutela delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, si sarebbe potuto considerare opportuno ampliare l’ambito della protezione e avvicinare su questo punto la legislazione europea dei brevetti a quella degli Stati Uniti. Si sarebbe potuto pensare, in particolare, di introdurre la brevettabilità dei metodi commerciali informatici.

Diversamente che negli Stati Uniti, in Europa l’invenzione deve costituire un contributo tecnico. In Giappone esiste una dottrina tradizionalmente interpretata in modo simile: l’invenzione deve consistere in una concezione estremamente avanzata di nozioni tecniche fondate su una legge naturale. Negli Stati Uniti è sufficiente che l’invenzione si collochi all’interno di una tecnologia e non è necessario un contributo tecnico. Il semplice fatto che l’invenzione utilizzi un elaboratore od un software la rende partecipe di una tecnologia se essa fornisce anche un “risultato utile, concreto e tangibile”. Il fatto che gli Stati Uniti non esigano che l’invenzione fornisca un contributo tecnico significa che le restrizioni sui brevetti di metodi commerciali (a parte i requisiti della novità e dell’inventività) sono trascurabili[12].

L’INCIDENZA DELLA BREVETTABILITÀ DELLE INVENZIONI RELATIVE AL SOFTWARE SULL’INNOVAZIONE, LA CONCORRENZA E LE IMPRESE

Lo studio citato sopra (nota 11) si basa sull’esperienza degli Stati Uniti. Vi si rileva che “la brevettabilità delle invenzioni relative ai programmi per elaboratore ha contribuito alla crescita dei corrispondenti settori negli Stati Uniti, in particolare alla crescita delle PMI e dei creatori indipendenti di software, che sono diventati imprese di grandi dimensioni”[13]. Anche in Europa i creatori di software indipendenti ricorrono sempre più spesso, anche se in misura ancora relativamente ridotta, ai brevetti per ottenere finanziamenti o concedere licenze[14]. La legislazione sul diritto d’autore è stata il principale strumento di protezione che ha permesso all’industria del software di prosperare.

Lo studio individua chiaramente anche i problemi posti dalla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici negli Stati Uniti. Essi riguardano, in primo luogo, la concessione di “brevetti manifestamente privi di validità” (in particolare per il commercio elettronico), ossia di brevetti concessi per invenzioni che non presentano un carattere di novità o che non implicano, in apparenza, un’attività inventiva. In secondo luogo, i brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici possono rafforzare la posizione di mercato delle grandi imprese. In terzo luogo, i brevetti per l’innovazione incrementale, tipica dell’industria del software, comportano i costi economici richiesti dall’identificazione dei titolari dei brevetti e della negoziazione delle necessarie licenze. Lo studio riconosce però che non è stato dimostrato che queste riserve cancellano gli effetti positivi della brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici negli Stati Uniti. Per indicare come l’Europa potrebbe evitare meglio degli Stati Uniti gli effetti negativi, lo studio sottolinea “la nostra forza che sta nel disporre di procedure d’opposizione, oltre alla possibilità di presentare osservazioni sulla brevettabilità delle invenzioni all’UEB senza le spese delle procedure d’opposizione”. Si tratta d’importanti strumenti giuridici per garantire la qualità dei brevetti che non esistono negli Stati Uniti.

Lo studio rileva inoltre che in Europa dobbiamo garantire l’applicazione di norme di esame appropriate, in particolare dell’attività inventiva, per evitare il rilascio di brevetti privi di validità[15]. Occorre aggiungere che la qualità dell’esame effettuata in particolare dall’UEB è ampiamente rispettata. Infine, lo studio constata che “non c’è nessuna prova del fatto che i creatori europei indipendenti di software siano stati indebitamente svantaggiati dalla posizione delle grandi imprese o di altri creatori di software in materia di brevetti”[16].

Lo studio indica come possibile opzione per l’armonizzazione il “mantenimento dello status quo (come definito nella giurisprudenza dell’UEB), purché sia soppressa l’esclusione dei “programmi per elaboratore” “in quanto tali”. Questo, secondo gli autori, non avrebbe altre conseguenze se non quella, importante, che le PMI e i creatori indipendenti di software sarebbero meno inclini a considerare non brevettabili le invenzioni relative ai programmi per elaboratore.”[17] D’altra parte, “nessun tentativo di rafforzare la tutela della proprietà intellettuale nel settore del software può pretendere di basarsi su solide argomentazioni economiche”[18].

LA SITUAZIONE GIURIDICA ATTUALE RIGUARDANTE L’ARTICOLO 52, PARAGRAFI 1 E 2 DELLA CONVENZIONE SUL BREVETTO EUROPEO

Il requisito fondamentale del “carattere tecnico”
Secondo i requisiti generali enunciati all’articolo 52, paragrafi 1-3 della CBE, ripresi sostanzialmente nelle legislazioni degli Stati membri in materia di brevetti, per poter essere brevettata, un’invenzione deve presentare un carattere di novità, implicare un’attività inventiva ed essere atta ad un’applicazione industriale (articolo 52, paragrafo 1).

L’articolo 52, paragrafo 2 della CBE specifica che i programmi per elaboratore “in quanto tali” non sono invenzioni e sono quindi esclusi dalla brevettabilità.

La commissione di ricorso dell’UEB ha affermato che è fondamentale che tutte le invenzioni abbiano un carattere tecnico. Anche l’articolo 27, paragrafo 1 dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (ADPIC) conferma che sono brevettabili le invenzioni in tutti i campi della tecnologia. Di conseguenza, la commissione di ricorso dell’UEB e i tribunali degli Stati membri hanno affermato che le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici possono essere considerate brevettabili se hanno un carattere tecnico, ossia se appartengono a un campo della tecnologia. Le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici che soddisfano questa condizione non sono considerate rientranti nell’esclusione di cui all’articolo 52, paragrafo 2, in quanto sono considerate non relative a programmi per elaboratore “in quanto tali”. In realtà, l’esclusione è stata interpretata dalla commissione di ricorso dell’UEB come relativa alle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici che non presentano carattere tecnico[19].

Per quanto riguarda la questione di quali invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici possano considerarsi di “carattere tecnico”, la conclusione che si può trarre dalla recente causa Controlling pension benefits system[20] è che tutti i programmi funzionanti su un elaboratore sono per definizione tecnici (perché un elaboratore è una macchina) e possono quindi essere considerati una “invenzione”.

Considerazioni analoghe sono state applicate dalla commissione di ricorso dell’UEB ad altre categorie escluse “in quanto tali” dalla brevettabilità dall’articolo 52, paragrafo 2, per esempio i “metodi per attività commerciali”, le “presentazione d’informazione”, o le “creazioni estetiche”. Ciò significa che le invenzioni che rientrano in queste categorie sono considerate anch’esse brevettabili se presentano un carattere tecnico.

Per quanto riguarda la rappresentazione dell’invenzione nelle rivendicazioni di brevetto, la commissione di ricorso ha affermato, nella causa Computer program product I & II[21], che se un programma su un vettore ha la possibilità di produrre un effetto tecnico quando è caricato e funziona su un elaboratore, tale programma rivendicato in quanto tale non deve essere escluso dalla brevettabilità. Ciò è stato interpretato nel senso di un’ammissibilità della rivendicazione di tale programma di per sé o come registrazione su un vettore o nella forma di un segnale (per es. memorizzato come file su un disco o trasmesso per mezzo di Internet.

Il ruolo degli algoritmi

Il termine “algoritmo” può essere inteso nel suo senso più ampio come una sequenza dettagliata di azioni destinate ad eseguire un determinato compito. In questo contesto, il termine può abbracciare ovviamente processi tecnici e non tecnici.

La semplice esistenza di un algoritmo non costituisce un criterio utile per distinguere le materie brevettabili da quelle non brevettabili. Un algoritmo può essere alla base di un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici o di un’invenzione relativa ad una macchina di tipo tradizionale (meccanica, elettrica, ecc.) o al processo eseguito da tale macchina. L’unica differenza consiste nel fatto che un programma per elaboratore è eseguito mediante istruzioni dirette all’elaboratore e una macchina tradizionale è azionata dai suoi componenti (meccanici, elettrici, ecc.).

Un algoritmo astratto può essere definito in termini di logica pura, in assenza di punti di riferimento fisici. È possibile che un tale algoritmo abbia un uso pratico in molteplici funzioni diverse in campi apparentemente senza rapporti tra loro e che sia in grado di ottenere diversi effetti. Quindi, un algoritmo considerato come un’entità teorica isolata dal contesto di un ambiente fisico, e di cui è impossibile, di conseguenza, inferire gli effetti, ha un carattere intrinsecamente non tecnico e non può quindi essere considerato un’invenzione brevettabile.

Di conseguenza, un algoritmo astratto in quanto tale non può essere oggetto di monopolio.
Secondo le regole usuali della brevettabilità, il brevetto concesso per un’invenzione basata su un determinato algoritmo non può essere esteso ad altre applicazioni di tale algoritmo.

Complementarità di brevetto e tutela del diritto d’autore

Un brevetto tutela un’invenzione nei limiti delle rivendicazioni di brevetto, che determinano l’estensione della protezione conferita[22]. Il titolare di un brevetto per un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici ha quindi il diritto d’impedire ai terzi di utilizzare un software che metta in atto la sua invenzione (quale definita dalla rivendicazione di brevetto). Questo principio vale anche se si possono trovare vari modi di ottenere questo utilizzando programmi il cui codice fonte od oggetto differisce da quello di ciascun altro e che possono parallelamente essere protetti da diritti d’autore indipendenti che non si violano reciprocamente[23].

D’altro canto, ai fini della direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore[24], la tutela mediante diritto d’autore si applica a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore, mentre le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati. Un programma per elaboratore è tutelato se è originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell’autore. In pratica, questo significa che il diritto d’autore sussiste in qualsiasi forma d’espressione del codice fonte o del codice oggetto, ma non nelle idee e nei principi alla base del codice fonte o del codice oggetto di un programma. Il diritto d’autore vieta una copia sostanziale del codice fonte o del codice oggetto ma non preclude i molti altri modi possibili di esprimere le stesse idee e gli stessi principi in diversi codici fonte od oggetto. Esso inoltre non tutela dallo sviluppo di un programma identico o sostanzialmente identico senza la conoscenza di un diritto d’autore esistente.

Di conseguenza, la tutela giuridica può essere garantita in modo complementare nei confronti dello stesso programma dal brevetto e dal diritto d’autore. La tutela può essere cumulativa nel senso che un atto che implica l’utilizzazione di un particolare programma può violare sia il diritto d’autore nel codice, sia un brevetto le cui rivendicazioni coprono le idee e i principi di base.

La direttiva 91/250/CEE include disposizioni specifiche (articoli 5 e 6) che autorizzano, in determinate circostanze, l’esecuzione di atti che costituiscono altrimenti una violazione del diritto d’autore che tutela un programma per elaboratore. Tali deroghe riguardano gli atti compiuti allo scopo di determinare le idee e principi su cui è basato un programma e gli atti di riproduzione e di traduzione del codice qualora tali atti siano indispensabili per conseguire l’interoperabilità con altri programmi di un programma per elaboratore creato autonomamente. La direttiva precisa anche che le persone abilitate ad utilizzare un programma hanno il diritto di farne una copia di riserva.

Tali disposizioni sono giustificate e necessarie nel contesto della legislazione sul diritto d’autore, perché il diritto d’autore conferisce il diritto assoluto di impedire la realizzazione di copie di un’opera tutelata. Tutti gli atti menzionati implicano la realizzazione di copie e violerebbero quindi il diritto d’autore qualora non fossero previste deroghe. D’altra parte, le legislazioni nazionali sul brevetto, benché non pienamente armonizzate, in generale non si applicano agli atti compiuti in forma privata e a fini non commerciali o ad atti compiuti a fini sperimentali in relazione all’oggetto dell’invenzione. Né è probabile che la realizzazione di una copia di riserva nel contesto dell’utilizzazione autorizzata di un brevetto riguardante un elaboratore programmato o l’esecuzione di un programma possa essere considerata una violazione.

Quindi, date le differenze tra l’oggetto della tutela conferita dal brevetto e dal diritto d’autore e la natura delle eccezioni autorizzate, l’esercizio di un brevetto riguardante un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici non dovrebbe essere in contrasto con le deroghe che la legislazione sul diritto d’autore riconosce ai creatori di software in forza delle disposizioni della direttiva 91/250/CEE. Inoltre, per quanto riguarda lo sviluppo di programmi interoperabili, l’obbligo per ogni brevetto di includere una descrizione esauriente dovrebbe facilitare il compito di chi cerca di adattare un programma ad un altro programma preesistente, con caratteristiche brevettate (l’obbligo di descrizione non ha un corrispondente nella legislazione sul diritto d’autore). Infine, nel caso in cui diritti brevettuali siano esercitati in modo abusivo, è possibile ricorrere a licenze obbligatorie e alle norme sulla concorrenza. Il considerando 18 e l’articolo 6 fanno specifico riferimento, tra l’altro, alle disposizioni sulla decompilazione e l’interoperabilità della direttiva 01/250/CEE.

LA NECESSITÀ DI UN’AZIONE COMUNITARIA DI ARMONIZZAZIONE DELLE LEGISLAZIONI NAZIONALI E LA SUA BASE GIURIDICA

I brevetti europei sono rilasciati dall’Ufficio europeo dei brevetti secondo una procedura centralizzata che prevede un insieme coerente di regole, in virtù della quale i brevetti europei, una volta rilasciati, sono soggetti alle leggi nazionali in materia di brevetti di ciascun paese in cui essi hanno efficacia. Inoltre, le norme nazionali in materia di brevettabilità sono uniformi tra loro e con le disposizioni della Convenzione sul brevetto europeo, ma la loro interpretazione dettagliata – per quanto riguarda gli effetti di un brevetto europeo in quanto anche brevetto nazionale – è di competenza dei tribunali. Anche se possono riconoscere un valore di autorevolezza alle decisioni degli organi di ricorso dell’UEB (e alle decisioni dei tribunali degli altri Stati membri), i tribunali nazionali non sono da esse vincolati e in caso di conflitto diretto possono non aver altra scelta che attenersi a precedenti vincolanti, nel rispetto delle proprie tradizioni giurisprudenziali. Questo può determinare, e di fatto ha determinato, divergenze nell’interpretazione della Convenzione sul brevetto europeo e di conseguenza nell’ambito della tutela riconosciuta a talune categorie di invenzioni.

Per quanto attiene alle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, la maggior parte della giurisprudenza nazionale è stata finora sviluppata dai tribunali di due soli Stati membri: Germania e Regno Unito. È interessante notare che anche le loro statuizioni divergono su questioni importanti relative ai requisiti per l’ottenimento di un brevetto (definizione della brevettabilità). È quindi assai fondata l’ipotesi che i tribunali di altri Stati membri, in assenza di ogni norma di armonizzazione, potrebbero assumere posizioni ampiamente divergenti ove fossero chiamati a deliberare in questa materia. Pertanto, i titolari di brevetti e in generale ogni utente potenziale di brevetti non dispongono attualmente di alcuna certezza quanto al riconoscimento, in caso di controversia, dei brevetti rilasciati in questo campo.

L’esistenza di simili incertezze e divergenze nella tutela giuridica può inoltre avere un effetto concreto e negativo sulle decisioni di investimento e sulla libera circolazione delle merci nel mercato interno. L’esempio più ovvio che si può fare è il caso di un prodotto considerato brevettabile in uno Stato membro e non in un altro. Le condizioni di concorrenza per i prodotti innovativi saranno in questa situazione radicalmente diverse secondo che siano o no tutelati, mentre alle copie prive di licenza sarà precluso l’attraversamento delle frontiere interne della Comunità quando provengano da Stati membri in cui la tutela è stata negata e siano diretti verso Stati membri in cui la tutela esiste. È anche probabile che il grado di certezza esistente quanto alla tutela assicurata dai tribunali locali alle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici possa influenzare le decisioni che le imprese prendono circa il luogo in cui insediare i loro impianti o l’ingresso in nuovi mercati.

Va ricordato che si possono ottenere brevetti per via unicamente nazionale, senza l’intervento dell’Ufficio europeo dei brevetti. Gli argomenti di cui sopra, concernenti le divergenze tra le legislazioni nazionali, valgono anche per tali situazioni, ma vi si aggiunge il fatto che le domande saranno esaminate e i brevetti rilasciati esclusivamente in base alle norme nazionali.
Quindi, verrà meno anche il fattore unificante dell’UEB come unica autorità preposta al rilascio dei brevetti, con la conseguenza che i membri di una stessa “famiglia” di brevetti in diversi paesi (ossia i brevetti relativi ad una stessa invenzione e derivanti da un’unica domanda originaria) potrebbero essere rilasciati ab origine con ambiti di tutela molto diversi.

Le differenze specifiche che esistono tra la giurisprudenza dei tribunali del Regno Unito e quella della commissione di ricorso dell’UEB riguardano il modo in cui la legge è interpretata in relazione alle materie escluse in generale. Nella giurisprudenza del Regno Unito
(contrariamente a quella dell’UEB), un’invenzione relativa ad un programma per elaboratore che consista, ad esempio, in un metodo per attività commerciali o in un attività intellettuale, è considerata non brevettabile anche se può esservi riconosciuto un contributo tecnico (nel senso definito dalla direttiva). Al riguardo, si vedano le cause Merrill Lynch[25] per i metodi commerciali e Raytheon Co?s Application[26] per le attività intellettuali.

D’altra parte, la giurisprudenza tedesca non esclude la possibilità che metodi commerciali presentanti un aspetto tecnico possano essere brevettabili, anche se il solo contributo dato dall’invenzione è di carattere non tecnico[27]. Questa interpretazione aprirebbe la porta ad una rilevante estensione della brevettabilità a questo campo. Tra le cause pertinenti si possono citare “Automatic Sales Control”[28] e Speech Analysis Apparatus[29]. Anche se il Bundesgerichtshof ha chiarito di recente la sua posizione[30] affermando che l’approccio corretto è quello adottato dalla commissione di ricorso dell’UEB e dalla presente direttiva, ossia che un contributo tecnico inventivo è una presupposto essenziale di un’attività inventiva, questo esempio illustra chiaramente la possibilità che l’interpretazione giudiziaria della legge conduca a mutamenti di rilievo dell’ambito di brevettabilità a livello nazionale.

Oltre alle differenze nella valutazione dei criteri di brevettabilità, vi è incertezza quanto alla forma delle rivendicazioni ammissibili. Mentre il Regno Unito si è affrettato ad annunciare[31] che il proprio ufficio dei brevetti avrebbe ammesso rivendicazioni di brevetti per programmi nella forma approvata nelle due decisioni della commissione di ricorso dell’UEB Computer program product I and II, orientamento fatto proprio di recente anche dalla giustizia tedesca[32], altri Stati membri non hanno ancora seguito chiaramente l’esempio.

L’IMPOSTAZIONE ADOTTATA

Tenuto conto di quanto accertato sugli effetti che i brevetti di invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici hanno sull’innovazione, la concorrenza e le imprese europee, la Commissione ritiene che la direttiva debba armonizzare la tutela per le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, evitando mutamenti repentini della posizione giuridica e in particolare un’estensione della brevettabilità ai programmi per elaboratori “in quanto tali”.
Un’importante salvaguardia è rappresentata dall’articolo 5, che dà mandato alla Commissione di riferire al Parlamento europeo e al Consiglio, entro tre anni dall’entrata in vigore della direttiva, circa gli effetti sull’innovazione delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici. In base all’esperienza acquisita con l’applicazione della direttiva e alle relazioni del panel speciale, la Commissione potrà eventualmente proporre modifiche della direttiva.

Il sistema brevettuale deve essere adattato, ove opportuno, per rispondere alle esigenze di tutela delle invenzioni nei nuovi campi della tecnologia, ma questa evoluzione dovrebbe basarsi sui principi generali del diritto europeo dei brevetti, quali si sono storicamente configurati. Tali principi hanno trovato espressione, in particolare, nella regola secondo cui un’invenzione, per essere brevettabile, deve costituire un contributo tecnico allo stato dell’arte.

La Commissione è del parere che la Comunità, giunta a questo stadio, debba astenersi, almeno per ora, dall’estendere la tutela brevettuale conferita alle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, ad esempio sopprimendo il requisito del contributo tecnico. Un orientamento in questo senso porterebbe a brevettare i metodi per attività commerciali attuati per mezzo di elaboratori elettronici. L’esperienza americana in questo campo è ancora troppo recente e gli effetti dei brevetti di metodi commerciali sull’economia in generale e sul commercio elettronico in particolare non possono ancora essere pienamente valutati. Su questo tema è in corso negli Stati Uniti un ampio dibattito; secondo alcuni, brevetti di questo tipo rischiano di porre un freno allo sviluppo del commercio elettronico. Va inoltre considerato che un’armonizzazione in questo senso consisterebbe essenzialmente nel creare una serie di norme per le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici distinte dai principi più generali del diritto europeo dei brevetti, che considerano necessario un contributo tecnico.

Codificando il requisito di un contributo tecnico, la direttiva dovrebbe permettere di evitare che si rilascino brevetti per metodi commerciali “puri” o, più generalmente, processi sociali, dal momento che non soddisfano strettamente i criteri stabiliti, tra cui il requisito del contributo tecnico.

Questo dovrebbe far sì che i brevetti di invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici abbiano nella Comunità un effetto positivo sull’innovazione e sulle imprese europee e non costituiscano un freno sleale alla concorrenza.

I brevetti di invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici sono importanti per tutte le imprese del settore del software, comprese le PMI. Queste ultime hanno però poca o nessuna dimestichezza col sistema dei brevetti e preferiscono spesso fare affidamento sul solo diritto d’autore, che tutela i programmi per elaboratore in quanto opere letterarie. Affinché possano pienamente utilizzare le diverse possibilità offerte dal sistema brevettuale, le PMI devono poter accedere facilmente ad informazioni sui mezzi per ottenere la tutela del brevetto, i vantaggi che tale tutela offre e le condizioni per ottenere brevetti per le proprie invenzioni, concedere licenze e ottenere licenze da altri titolari di brevetti. È compito degli Stati membri valutare se la specifica situazione dei brevetti nel campo delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici richiede iniziative d’informazione, in particolare da parte dei rispettivi uffici nazionali dei brevetti.

L’azione comunitaria proposta risponde ai criteri di sussidiarietà in quanto i suoi obiettivi non possono essere realizzati a livello nazionale. La giurisprudenza e le pratiche amministrative degli Stati membri per quanto riguarda le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici divergono da molti anni e nulla lascia supporre che queste pratiche convergeranno se non saranno adottate misure sul piano legislativo. Trattandosi di pratiche che hanno effetti transfrontalieri, questi obiettivi possono perciò essere raggiunti soltanto con un’azione comunitaria.

I mezzi dell’azione comunitaria sono inoltre proporzionali ai suoi obiettivi. La direttiva si limita strettamente a definire le norme fondamentali sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici. Nella massima misura possibile, il diritto generale dei brevetti, per quanto si riferisce alla procedura e al merito e secondo l’interpretazione data dai tribunali nazionali, continuerà ad essere applicata e integrerà la direttiva, purché non sia in contraddizione con essa.

L’armonizzazione e una maggiore trasparenza dovrebbero indurre le imprese europee, e in particolare le PMI, ad utilizzare i brevetti per sfruttare pienamente le loro invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

LA BASE GIURIDICA DELL’ARMONIZZAZIONE

Poiché il provvedimento ha come obiettivo la realizzazione del mercato interno mediante il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti negli Stati membri per quanto riguarda la brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, la Commissione propone di assumere come base giuridica dell’armonizzazione l’articolo 95 del trattato CE. A questa base giuridica fanno riferimento altre direttive di armonizzazione delle legislazioni nazionali sulla proprietà intellettuale[33] e soprattutto la recente direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. La fondatezza di questa scelta della base giuridica è stata riconosciuta dalla Corte di giustizia, nelle circostanze che si presentano in relazione alla brevettabilità, in varie occasioni[34] e in particolare riguardo alla citata direttiva 98/44/CE in una recente sentenza della Corte di giustizia[35], che contiene un’approfondita disamina della base giuridica.

Note
[1] Cfr. lo studio di Booz Allen & Hamilton per il ministero dell’Economia dei Paesi Bassi, The Competitiveness of Europe’s ICT Markets, marzo 2000, p.10.

[2] Packaged software in Western Europe: The economic impact of the packaged software industry on the combined economies of sixteen European countries, settembre 2000 Datamonitor, London

[3] Per una definizione del termine, si veda l’articolo 1.

[4] Detta “Convenzione di Monaco”, entrata in vigore il 7 ottobre 1977. Vi aderiscono, oltre ai 15 Stati membri della CE, anche Cipro, Liechtenstein, Monaco, Svizzera e Turchia.

[5] Su queste divergenze si vedano più avanti maggiori ragguagli.

[6] Promuovere l’innovazione tramite il brevetto – Libro verde sul brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti in Europa, COM(1997) 314 def., 24 giugno 1997.

[7] Promuovere l’innovazione tramite il brevetto – Seguito da dare al Libro verde sul brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti in Europa, COM (1999) 42 def., 5 febbraio 1999.

[8] La brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici: documento di consultazione dei servizi della Direzione generale del Mercato interno (19 ottobre 2000). Il documento può essere scaricato da http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/indprop/softpaten.htm.

[9] http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/indprop/softpatanalyse.htm.

[10] ?Patent protection of computer programmes? (Contratto n. INNO-99-04). Lo studio può essere scaricato da ftp://ftp.ipr-helpdesk.org/softstudy.pdf. Una guida complementare sulla protezione del software per le piccole e medie imprese è disponibile sul seguente sito: ftp://ftp.ipr-helpdesk.org/software.pdf.

[11] “The Economic Impact of Patentability of Computer Programs” (il testo può essere scaricato da http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/indprop/studyintro.htm). Lo studio è stato eseguito dall’Istituto della proprietà intellettuale di Londra per conto della Commissione ed è stato concluso nel marzo 2000.
Altri studi economici pertinenti di cui si è tenuto conto e che si riferiscono alla diversa situazione degli Stati Uniti: Cohen, Wesley M., Nelson, Richard R. e Walsh, John P., Protecting their Intellectual Assets: Appropriability Conditions and why U.S. Manufacturing Firms Patent (or not), Working Paper 7552, National Bureau of Economic Research, febbraio 2000; Bessen, James e Maskin, Eric, Sequential Innovation, Patents, and Imitation, Working Paper, Department of Economics, Massachusetts Institute of Technology, gennaio 2000; Jaffe, Adam B., The U.S. Patent System in Transition: Policy Innovation and the Innovation Process, Working Paper 7280, National Bureau of Economic Research, agosto 1999.

[12] A seguito della decisione della Corte d’appello degli Stati Uniti per il circuito federale del 23 luglio 1998, in State Street Bank & Trust Co. v. Signature Financial Group, Inc., 149 F.3d 1368, le domande di brevetto per metodi commerciali sono fortemente aumentate.

[13] Cfr. lo studio, p. 5.

[14] Ibid., p. 3.

[15] Ibid., p. 5 e segg.

[16] Ibid., p. 3.

[17] Ibid., p. 8.

[18] Ibid., p. 36.

[19] Computer program product I and II, T1173/97, 1.7.1998, 1999 OJ EPO [609] e T0935/97, 4.2.1999, [1999] R.P.C. 861. Le motivazioni sono in gran parte simili nei due casi.

[20] Controlling pension benefits system/PBS T-0931/1995, decisione dell’8.09.2000.

[21] Cfr. sopra. Si veda anche la causa T1002/92 in cui la commissione di ricorso dell’UEB ha formulato per la prima volta questa critica.

[22] Le rivendicazioni devono essere interpretate alla luce della descrizione e dei disegni relativi all’invenzione. Cfr., per esempio, l’articolo 69, paragrafo 1 della CBE.

[23] Questa sola espressione non può servire come descrizione della rispettiva invenzione rispettiva; cfr., per esempio, le linee guida UEB per l’esame di sostanza, C-II, 4.14a.

[24] La legislazione relativa al diritto d’autore, applicata ai programmi per elaboratore, è stata armonizzata a livello comunitario dalla direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore [GU L 122, 17.5.1991, pag. 42]. Cfr. la relazione della Commissione sull’applicazione e gli effetti della direttiva 91/250/CEE, COM(2000) 199 def. del 10.4.2000.

[25] [1989] RPC 569.

[26] [1993] RPC 427, che conferma Wang Laboratories Inc’s Application [1991] RPC 463.

[27] Cfr. in questo senso Nack, Ralph, Sind jetzt computerimplementierte Geschäftsmethoden patentfähig? ? Analyse der Bundesgerichtshof-Entscheidung ?Sprachanalyseeinrichtung?, [2000] GRUR Int. 853.

[28] [1999] GRUR 1078.

[29] [2000] GRUR 930

[30] Causa X ZB 16/00 (decisione del Bundesgerichtshof pubblicata il 17 ottobre 2001).

[31] Cfr. la nota pratica dell’Ufficio dei brevetti del Regno Unito del 19.4.1999 (disponibile sul sito Internet dell’Ufficio http://www.patent.gov.uk/patent/notices/practice/computer.htm).

[32] Causa X ZB 16/00 (supra). Il Bundesgerichtshof ha cassato una precedenza sentenza del Tribunale federale dei brevetti (Bundespatentgericht) che sosteneva l’inammissibilità di una rivendicazione relativa ad un vettore con un solo programma per elaboratore. In tal modo, la Corte sembra aver indirettamente avallato la prassi dell’UEB di ammettere le rivendicazioni di programmi per elaboratore in quanto tali, a condizione che, quando sono associati ad apparecchi informatici, costituiscano un contributo tecnico.

[33] Cfr. per esempio la direttiva 89/104/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 40, 11.2.1989, p. 1) ; la direttiva 91/250/CEE sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (GU L 122, 17.5.1991, p. 42); la direttiva 93/98/CEE concernente l’armonizzazione della durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (GU L 290, 24.11.1993, p. 9); e la direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche di dati (GU L 77, 27.3.1996, p. 20).

[34] Cfr. parere 1/94, Competenza della Comunità a concludere accordi internazionali in materia di servizi di protezione della proprietà intellettuale [15.11.1994], Racc. I-5267 e causa C-350/92 Spagna contro Consiglio [13.7.1995], Racc. I-1985.

[35] C-377/98 Paesi Bassi contro Parlamento e Consiglio. Nella sentenza si afferma (par. 18-20):
“D’altro canto, obbligando gli Stati membri a proteggere le invenzioni biotecnologiche tramite il loro diritto nazionale dei brevetti, la direttiva ha effettivamente lo scopo di prevenire i rischi per l’unicità del mercato interno che potrebbero derivare dal fatto che gli Stati membri decidano unilateralmente di concedere o negare siffatta protezione.
Il ricorrente sostiene tuttavia, in secondo luogo, che, se l’applicazione da parte degli Stati membri delle pertinenti disposizioni del diritto internazionale era fonte di incertezze sulla normativa applicabile, queste ultime avrebbero dovuto essere eliminate non mediante una misura comunitaria di armonizzazione, bensì grazie ad una rinegoziazione degli atti giuridici internazionali quali la CBE, per pervenire ad un chiarimento delle loro regole.
Questo argomento è infondato. Infatti, scopo di una misura di armonizzazione è di ridurre gli ostacoli al funzionamento del mercato interno costituiti dalla diversità di condizioni esistenti tra gli Stati membri, qualunque ne sia la causa. Se le divergenze derivano da un’interpretazione discordante, o che rischia di diventare tale, di nozioni contenute in atti giuridici internazionali cui aderiscono gli Stati membri, nulla vieta in linea di principio di ricorrere all’adozione di una direttiva quale strumento per assicurare un’interpretazione comune agli Stati membri di siffatte nozioni.”

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