Premessa
Che la legge 18 agosto 2000, n. 248 – “Nuove norme di tutela del diritto d’autore” – sia una legge voluta non tanto per disciplinare meglio il diritto d’autore, magari adeguandolo alle nuove realtà tecnologiche, quanto per colpire duramente la pirateria è dimostrato subito da una semplice evidenza: su diciannove articoli, sette (riuniti in un apposito Capo) riguardano direttamente la materia penale e, dei restanti, buona parte incide indirettamente sulla stessa materia. Anche a voler tacere dell’art. 8 che introduce ipotesi di illecito amministrativo (alcune da affiancare a quelli penali) dalle sanzioni assai pesanti.
Del resto, al di là di ciò che è già palesemente emerge dal dato positivo, la conferma di quanto sopra proviene anche dalla lettura del disegno di legge S1496(1) e dalla successiva discussione parlamentare(2).
Fatta questa premessa, occorre scendere all’analisi delle singole disposizioni per poi trarre alcune brevi conclusioni.
Le sanzioni penali
La disciplina penale delle opere dell’ingegno è collocata nel Capo II della Sezione III della legge 633/1941 ed interessa oltre dieci distinte disposizioni riguardanti, in buona parte, singole tipologie di prodotti.
La prima è l’art. 171 che, però, ha scarsa rilevanza in rapporto alla pirateria atteso il suo carattere non residuale rispetto alle altre fattispecie delittuose specifiche.
Di estrema importanza, anche per i non trascurabili “ritocchi” subiti ad opera della riforma del 2000, è, invece, l’art. 171-bis che consta di due commi: il primo dedicato ai programmi per elaboratore, il secondo alle banche di dati.
La disciplina riguardante i programmi per elaboratori ha sicuramente subìto una vera e propria rivoluzione per effetto della riforma. Al di là di un diffuso innalzamento delle pene, vanno segnalate tre non trascurabili modifiche (in senso peggiorativo).
La prima riguarda l’ormai celeberrimo contrassegno SIAE che, rispetto al dettato previgente, ha assunto un ruolo centrale, di vero e proprio spartiacque tra lecito e illecito e di evidente dissuasore della pirateria. Invero, ad esclusione della condotta di duplicazione (rispetto alla quale il riferimento alla vidimazione sarebbe senza senso e, per giunta, gravemente fuorviante), tutte le altre gravitano attorno al contrassegno stesso divenuto ormai obbligatorio(3).
Incidentalmente, va ricordato che, per i programmi per elaboratore e per i “neonati” (giuridicamente) programmi multimediali, l’obbligo de quo è temperato dalla possibilità (alternativa alla vidimazione) di rendere alla SIAE preventive dichiarazioni identificative in relazione a “supporti contenenti programmi per elaboratore disciplinati dal decreto legislativo 29 dicembre 1992, n. 518, utilizzati esclusivamente mediante elaboratore elettronico, sempre che tali programmi non contengano suoni, voci o sequenze di immagini in movimento tali da costituire opere fonografiche, cinematografiche o audiovisive intere, non realizzate espressamente per il programma per elaboratore, ovvero loro brani o parti eccedenti il cinquanta per cento dell’opera intera da cui sono tratti, che diano luogo a concorrenza all’utilizzazione economica delle opere medesime” (art. 181-bis, comma 3, l.d.a.)(4).
La seconda innovazione riguarda l’elemento soggettivo della condotta di detenzione che ora ricomprende anche lo scopo imprenditoriale. Si pensi al caso pratico più diffuso coincidente col risparmio di spesa per l’acquisto di tutte o anche soltanto di una licenza nell’àmbito di un’impresa (non necessariamente commerciale), ipotesi di non pacifica rilevanza penale prima della novella.
Infine, sempre sul versante dell’elemento soggettivo, va segnalato l’abbassamento del livello di dolo (che riguarda tutte le condotte): da mero lucro a profitto (che ricomprende anche i vantaggi non patrimoniali), scelta assai discutibile sia perché lo stesso parametro psicologico colpisce anche la semplice duplicazione (condotta di per sé neutra se non proiettata verso una commercializzazione, dunque verso il lucro), sia perché, a parte il caso delle banche di dati di cui si dirà, è estraneo alle successive fattispecie riguardanti le altre opere dell’ingegno. Con evidenti imbarazzi di ordine costituzionale.
Chiudono il primo comma dell’art. 171-bis l.d.a. la previsione della punibilità di “qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori” (da intendersi “crack”, “key generator” chiavi hardware contraffatte, ma non i semplici “seriali”). E’ inutile dire che la punibilità di tali mezzi discende dalla necessità di sanzionare condotte non immediatamente percepibili come atti di pirateria, ma comunque assai dannose per l’industria informatica. Si pensi al “crackaggio” di programmi che le software house distribuiscono, a fini promozionali di mera prova, in versione limitata o “a tempo”.
Come per le banche di dati, di cui si dirà sùbito appresso, è prevista un’aggravante speciale applicabile ai casi di “rilevante gravità”, ma, a differenza di quanto contemplato al comma 3 dell’art. 171-ter l.d.a., nessuna attenuante connessa alla tenuità del fatto.
Come anticipato, invece, il secondo comma della disposizione si occupa delle banche di dati le quali hanno beneficiato di una specifica tutela soltanto con il d.lgs. 6 maggio 1999, n. 169, poi riveduta con la riforma del 2000, sostanzialmente con il riferimento determinate al già noto contrassegno SIAE.
Ma, a ben guardare, il fenomeno della pirateria di banche di dati pare assai limitato. Soprattutto perché da un lato, come è immaginabile, l’attenzione della criminalità si concentra su ciò che ha vasta commerciabilità, dall’altro i prodotti più popolari (dizionari ed enciclopedie “multimediali”) appaiono rientrare, secondo un orientamento legislativo criticabile, sotto la disciplina dei programmi per elaboratore.
Merita, infine, menzione – comunque al di là del fenomeno della pirateria – la tesi secondo cui un sito Internet costituirebbe banca di dati e, come, tale, rientrerebbe nella relativa disciplina(5).
L’art. 171-ter l.d.a. sanziona, invece, le “tradizionali” forme di pirateria, vale a dire quella musicale e quella audiovisiva.
La disposizione è stata introdotta nel corpus della legge sul diritto d’autore con il d.lgs. 16 novembre 1994, n. 685, successivamente integrato dal d.lgs. 15 marzo 1996, n. 204, ma le vicende relative alle opere vivi tutelate sono state assai travagliate tanto da condurre parte della dottrina e della giurisprudenza a sostenere una depenalizzazione “temporanea” (sino alla l. 248/2000), tesi, però, recentemente smentita dalle Sezioni Unite della Suprema Corte(6).
In una disposizione assai complessa che in sei lettere copre praticamente tutti i possibili oggetti e tutte la possibili condotte, spicca ancora una volta il contrassegno SIAE (lett. d), ma, a differenza di quanto dettato per software e banche di dati, è fatto salvo l’uso personale, mentre il dolo è quello di lucro (e non di profitto). Trattamento differenziato che assai poco si giustifica in un’epoca in cui, oltre tutto, l’opera dell’ingegno è sempre più spesso diffusa in forma digitale, dunque in quella tipica, appunto, del software.
Il secondo comma dell’art. 171-ter l.d.a. prevede una serie di aggravanti speciali volte a colpire sia i traffici rilevanti (oltre cinquanta copie) che le attività illecite che si svolgono in canali ufficiali (riproduzione, distribuzione, vendita, commercializzazione, importazione), politica confermata anche dai successivi artt. 171-quater, lett. a), l.d.a. e 171-quinquies l.d.a. relativi al divieto noleggio e alle condotte elusive.
Sempre su questo solco si pone l’art. 171-septies l.d.a. che, però, sanziona prevalentemente condotte elusive di obblighi parafiscali nei confronti della SIAE.
Per le condotte di cui all’art. 171-ter l.d.a. è prevista un’attenuante speciale che ha come parametro la particolare tenuità del fatto (comma 3).
Il fenomeno della pirateria relativa alle trasmissioni televisive criptate è fatto decisamente più recente, non per questo meno preoccupante.
Il legislatore ha predisposto una prima disciplina penale con la l. 422/1993 estendendo l’operatività dell’art. 171-bis l.d.a., ma va segnalato che in relazione al traffico di “pic-card”, programmatori Eeprom e codici, parte della giurisprudenza si era determinata ad applicare anche il reato di cui all’art. 615-quater c.p. la cui ratio, però, non sembra compatibile con l’oggetto di cui trattiamo.
Soltanto la riforma del 2000 ha tracciato una disciplina specifica e organica, in prevalenza contenuta nell’art. 171-octies l.d.a., ma che, in parte, subisce una parziale sovrapposizione dall’art. 171-ter, lett. f), l.d.a. con evidenti problemi di coordinamento ed applicazione. Sennonché, ulteriori complicazioni provengono dall’entrata in vigore del d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373 (attuativo della Direttiva 98/84/CE) che ha di fatto – e probabilmente per una “svista” – depenalizzato le condotte “commerciali” legate a questa forma di pirateria(7). Paradossalmente, però, il caso di chi “utilizza ad uso pubblico e privato” (cfr. art. 171-octies l.d.a.), non trova alcun corrispondente nelle attività illecite di cui all’art. 4 d.lgs. 373/2000, dunque non potrebbe dirsi depenalizzato.
A conferma sia della depenalizzazione che della “svista” del legislatore, va osservato che è già stato approvato dal Senato il Ddl S606 volto a reintrodurre il regime penale nella materia in esame(8).
Chiude il cerchio della disciplina penale l’art. 171-novies l.d.a., disposizione palesemente tesa a sradicare, dal suo interno, la pirateria con l’introduzione di un trattamento attenuato accordato al “ravvedimento operoso”, scelta di politica criminale normalmente riservata a reati senza dubbio più gravi, ma indice delle preoccupazioni del legislatore.
L’attenuante, prevista per il reati di cui agli 171-bis, 171-ter e 171-quater l.d.a., come risulta dal testo della disposizione, mira infatti a consentire “l’individuazione del promotore o organizzatore dell’attività illecita di cui agli articoli 171-ter e 171-quater, di altro duplicatore o di altro distributore, ovvero il sequestro di notevoli quantità di supporti audiovisivi e fonografici o di strumenti o materiali serviti o destinati alla commissione dei reati”.
Le sanzioni amministrative
Oltre al poderoso armamentario penale appena illustrato, la riforma è intervenuta anche nel settore amministrativo peraltro con sanzioni non soltanto pecuniarie.
A parte la più evidente eccezione dell’art. 16 l. 248/2000, le sanzioni amministrative introdotte con la riforma si cumulano a quelle penali determinando un vero e proprio doppio binario. Assolutamente inequivocabile è l’art. 174-bis l.d.a. il quale esordisce con una formula inequivocabile: “Ferme le sanzioni penali applicabili”.
Detta disposizione contempla, ove possibile procedere al conteggio, una pena pecuniaria fissata proporzionalmente (il doppio) al prezzo dell’opera o del supporto oggetto della violazione, per ogni violazione o esemplare abusivamente duplicato o riprodotto. E’ invece prevista, al comma 2, una speciale ripartizione dei proventi così derivati in favore di attività antipirateria anche preventive (strutture e strumenti per la prevenzione e l’accertamento dei reati nonché campagne informative).
Rilevanti sono alcune tra le misure non pecuniarie previste dall’art. 174-ter l.d.a.: in pendenza del procedimento penale, sospensione dell’esercizio o dell’attività per un periodo non inferiore a quindici giorni e non superiore a tre mesi; in caso di condanna, cessazione temporanea dell’esercizio o dell’attività (come sanzione accessoria) per un periodo da tre mesi ad un anno o, in caso di recidiva specifica, addirittura revoca della licenza di esercizio o dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività.
La ricettazione e il problema dell’uso personale
Assai problematico è l’aspetto dell’uso personale (connesso al logico presupposto della detenzione) di supporti “pirata” contenenti opere dell’ingegno.
Prima della riforma, all’utente finale trovato in possesso di supporti “pirata” veniva normalmente contestato il reato di ricettazione ex art. 648 c.p. (o quello di cui all’art. 712 c.p.) sul discutibile allargamento del concetto di cosa mobile (art. 624, comma 2, c.p.) nel quale non dovrebbero rientrare le opere dell’ingegno (tipicamente immateriali) o sulla finzione giuridica dell’incorporazione delle opere stesse nei supporti mediante i quali sono distribuite.
La legge 248/2000 ha, in realtà, reciso alla radice ogni discussione sul punto. Con l’art. 16 sono oggi sanzionate (in via amministrativa con sanzione pecuniaria, confisca del materiale e pubblicazione del provvedimento) le condotte riconducibili a fruizioni private di qualunque opera dell’ingegno abusiva in chiaro rapporto di specialità ex art. 9 l. 689/81 con gli artt. 171, 171-bis, 171-ter, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies e 171-octies l.d.a. nonché con l’art. 648 c.p.(9).
Sul punto merita particolare attenzione una recente decisione del Tribunale per il Riesame di Alessandria(10) la quale, per ciò che rileva in questa sede, fissa tre importanti punti: è ricettabile soltanto quanto è realmente contraffatto (prodotto ad imitazione dell’originale); in generale, possono essere oggetto di ricettazione soltanto le res corporalis e non quelle immaterialis; l’illecito possesso di supporti “pirata”, salvo il concorso con altri reati, costituisce mera violazione amministrativa dell’art. 16 l. 248/2000.
Incidentalmente, va ricordato il ddl S4913 presentato, subito dopo la novella, dai Senatori Verdi teso a reintrodurre il dolo di lucro all’art. 171-bis l.d.a. e, comunque, a non rendere punibili, anche in sede amministrativa, le utilizzazioni private di opere pirata(11).
Altre misure di contrasto
Oltre alle sanzioni penali ed amministrative appena illustrate (che, come visto, sovente si affiancano) la l. 248/2000 ha introdotto altre misure di contrasto della pirateria previste dall’art. 171-sexies l.d.a.
Il primo comma regola la possibilità di distruzione, da parte dell’A.G., del materiale sequestrato qualora, per entità, sia di difficile custodia. Malgrado il richiamo all’art. 83 disp. att. c.p.p., la previsione risulta assai iniqua. In primis per la fase in cui può avvenire la distruzione (anche durante le indagini preliminari, dunque virtualmente prima di qualsiasi pronuncia di un giudice); in secundis per l’assenza di ogni mezzo di impugnazione.
Il secondo comma si occupa delle ipotesi di confisca, ora obbligatoria in relazione agli strumenti e ai materiali serviti o destinati a commettere i reati di cui agli artt. 171-bis, 171-ter e 171-quater nonché applicabile ai supporti non conformi (laddove, in precedenza e ad esclusione del caso dei supporti non conformi, la confisca poteva dirsi soltanto facoltativa). In margine va precisato che, dalla lettura dell’intera disposizione, per “materiale” deve intendersi l’insieme dei supporti (vergini o registrati), mentre gli “strumenti” coincidono con i macchinari (per semplicità, l’hardware), delimitazione che, comunque, lascia un eccessivo margine di discrezionalità all’interprete soprattutto in relazione a quanto “destinato” a commettere i reati de quibus.
Sempre in tema di confisca, va sottolineato che lo stesso comma 2 impone al confisca anche nel caso di applicazione delle pena ai sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p. Tale chiarimento è, in realtà, soltanto apparentemente superfluo atteso che la lettera dell’art. 445, comma 2, c.p.p. si riferisce ai soli casi di condisca “generale” ex art. 240, comma 2, c.p. equivocamente non disponendo alcunché in ordine a ipotesi “speciali”, come la presente, di misura obbligatoria.
L’ultimo comma (il terzo) prevede la confisca anche dei beni appartenenti ad un soggetto giuridico diverso, nel cui interesse abbia, però, agito uno dei partecipanti.
Si tratta, in realtà, di una previsione assai discutibile atteso che se è vero che la misura reale è svincolata da parametri soggettivi (anzi si fonda proprio sulla pericolosità intrinseca della cosa), altrettanto corrisponde a verità che il legislatore, normalmente, consente la restituzione della cosa stessa, pur in presenza di una pericolosità in re ipsa, qualora appartenga a persona diversa dal reo e vi siano i presupposti per una legittima detenzione (cfr. art. 240, comma 4, c.p.).
Brevi conclusioni
Abbiamo visto quanto abbia influito la riforma del 2000 soprattutto sulla disciplina penale del diritto d’autore. In effetti, un inasprimento del regime sanzionatorio era stato invocato da tutte la Associazioni di produttori, non a caso pronte a divulgare sùbito la notizia di questo giro di vite non trascurabile.
A quasi due anni di distanza è doveroso, però, tirare le somme di quanto predisposto dal legislatore. Le notizie non sono affatto confortanti. Basti guardare agli ultimi comunicati allarmanti delle varie Associazioni di produttori(12) leggendo i quali è più che lecito domandarsi se la novella del 2000 sia realmente efficace.
La risposta negativa è sotto gli occhi di tutti. Di certo le voci di chi lamenta un eccessivo costo dei prodotti non sempre colgono nel segno. I costi della duplicazione sono troppo allettanti e lo sarebbero anche se, ad esempio, il prezzo dei un compact disc venisse dimezzato.
Ma proprio in considerazione dell’ampia forbice tra il costo dei prodotti originali da un lato e quello dei supporti vergini unitamente all’influenza pro copia delle apparecchiature necessarie per la duplicazione dovrebbe far riflettere. Considerato che le Associazioni di produttori lamentano, in ultima istanza, ingenti danni economici (mancati guadagni), sarebbe opportuna una politica più ponderata rispetto ad iniziative giuridicamente discutibili come quella della predisposizione di dispositivi anti-copia. La via potrebbe essere quella di una tassazione alla base (sui supporti vergini), più convinta rispetto a quanto fatto sino ad ora, supportata da un’informazione corretta sull’illiceità della pirateria (ad opera di Enti super partes e non per voce di imbarazzanti alleanze tra Forze dell’Ordine e Associazioni private) nonché da una revisione del sistema sanzionatorio (non necessariamente penale) più flessibile e che non colpisca pesantemente l’utente finale o gli usi privati. Il tutto in un bilanciamento tra gli interessi economici del Paese e quelli di crescita culturale della popolazione.
L’occasione, a ben vedere, potrebbe essere quella del recepimento della Direttiva 2001/29/CE che si prevede, tra le altre cose, sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive non necessariamente di carattere penale .
avv. Daniele Minotti – maggio 2002
daniele@minotti.net
www.studiominotti.it
Note
1) La scheda è consultabile a partire dall’indirizzo
http://www.senato.it/leg/13/Bgt/Schede/Ddliter/8329.htm.
2) Assai interessante è risultata la seduta alla Camera del 20 giugno 2000 il cui resoconto stenografico è pubblicato su Cittadinolex (http://www.cittadinolex.it)
URL http://www.cittadinolex.kataweb.it/Article/0,1519,5699|357,00.html.
3) Si aggiunga che, ai sensi dell’art. 181-bis, comma 8, l.d.a., “agli effetti dell’applicazione della legge penale, il contrassegno è considerato segno distintivo di opera dell’ingegno”.
4) Sull’argomento del contrassegno e della dichiarazione identificativa, si rinvia al regolamento d.P.C.M. 11 luglio 2001, n. 338. Sia consentito indicare un commento in D. Minotti, Diritto d’autore e disciplina penale dopo la legge 248/2000, in A. Sirotti Gaudenzi, Il nuovo diritto d’autore. La proprietà intellettuale nella società dell’informazione, Rimini, Maggioli, 2001, pagg. 360 e ss.
5) L.M. de Grazia, La violazione delle norme di diritto d’autore nell’acquisizione di un intero sito Web da parte di soggetto non autorizzato, in A. Sirotti Gaudenzi, Il nuovo diritto d’autore. La proprietà intellettuale nella società dell’informazione, Rimini, Maggioli, 2001, pagg. 375 e ss.
6) Cfr. Cass., SS.UU. Pen, 2/2000 sul sito del Ministero della Giustizia
URL http://www.giustizia.it/cassazione/giurisprudenza/cass/2sen_00.html.
7) Così, per primi, C. Parodi, A. Calice, Responsabilità penali e Internet, Milano, Il Sole 24 Ore, 2001, pagg. 377-8. In giurisprudenza, Cass., Sez. III Penale, 9 – 28 novembre 2001, 42561 pubblicata su Penale.it all’indirizzo http://www.penale.it/giuris/cass_017.htm.
8) Presente sul sito del Senato a partire da
http://www.senato.it/leg/14/Bgt/Schede/Ddliter/15426.htm.
9) O. Forlenza, “Una doppia sanzione per punire un solo illecito”, in Guida al diritto, 2000, n. 34, pag. 54.
10) Tribunale di Alessandria, in funzione di Giudice per il riesame, ordinanza 14-15 novembre 2001 pubblicata su Penale.it all’indirizzo
http://www.penale.it/giuris/meri_117.htm.
11) Sul sito del Senato della Repubblica a partire dalla pagina
http://www.senato.it/leg/13/Bgt/Schede/Ddliter/12900.htm.
12) Tra le più note, BSA (www.bsa.org) per il software; FAPAV (www.fapav.it) per gli audiovisivi; FIMI-FPM (http://www.fpm-antipiracy.it) per le opere musicali.