Il futuro delle società europee di gestione collettiva dei diritti d’autore e connessi

Negli ultimi anni la gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi nel mercato interno dell’Unione Europea è stata oggetto di attenta considerazione, tanto che la Commissione delle Comunità Europee, al termine di ampie consultazioni, ha prodotto una Comunicazione propedeutica ad una successiva proposta legislativa avente ad oggetto alcuni aspetti relativi alla gestione collettiva e alla buona amministrazione delle società di intermediazione collettiva (COM(2004)261 del 16/04/2004).

La Commissione rileva che nell’analisi comparativa delle legislazioni dei Paesi membri si constatano oggettive divergenze tra le varie discipline nazionali; nell’ottica del mercato unico, l’uniformità normativa è il primo passo verso il raggiungimento di un’effettiva integrazione comunitaria, quindi il disinteresse legislativo mostrato a livello comunitario nel volersi occupare di questo specifico ambito del diritto d’autore non può protrarsi ulteriormente. Gli unici e marginali interventi effettuati recentemente in materia, contenuti nelle Direttive sul diritto d’autore emanate negli ultimi anni, sono circoscritti a ripetuti riferimenti alle società di gestione collettiva, svuotati però di concreta regolamentazione.

L’intervento comunitario teso ad armonizzare la disciplina della gestione collettiva deve essere anche, e soprattutto, inteso come sforzo diretto a tutelare in maniera efficace il diritto d’autore: infatti, l’esercizio individuale dei diritti di sfruttamento economico, soprattutto alla luce della digitalizzazione, è da ritenersi un modello di gestione assolutamente inadeguato.

La gestione individuale si fonda sull’attribuzione iniziale della proprietà dei diritti: il primo proprietario dei diritti d’autore, di norma, è colui che crea l’opera; ciò che contraddistingue tale sistema gestionale è il rapporto contrattuale diretto che si instaura tra l’utilizzatore e il titolare dei diritti, dove quest’ultimo è il soggetto in grado di decidere tutte le modalità e condizioni relative allo sfruttamento dell’opera.

Con l’avvento delle nuove tecnologie che permettono, tra l’altro, la manipolazione delle opere e la messa a disposizione delle stesse in rete, l’autore che decide di gestire individualmente i propri diritti, si trova in una posizione tale da non essere capace di controllare il corretto sfruttamento dell’opera e di non poter contrastare efficacemente eventuali violazioni e abusi. Dal canto loro, gli utilizzatori che necessitano di determinate opere sono costretti a rivolgersi ai singoli autori per contrattare l’autorizzazione allo sfruttamento dell’opera, avendo così accesso a repertori limitati.

La concessione individuale di licenze diventa a volte impraticabile, rappresentando un ostacolo sia alla libera circolazione dei beni e sia alla fase della stessa creazione artistica dato che gli autori non riescono a dedicarsi completamente alla realizzazione delle opere dovendosi occupare inoltre dei relativi aspetti gestionali.

Le difficoltà che gli autori e gli utilizzatori incontrano nell’amministrazione e utilizzazione delle opere sono avvertite anche dal legislatore, che affianca alla possibilità di rinunciare alla gestione individuale l’obbligatorietà della gestione collettiva nella radiodiffusione via satellite e nella ritrasmissione via cavo.

La gestione collettiva: caratteristiche e funzioni
L’autore che rinuncia alla modalità di gestione individuale si affida all’alternativo modello di gestione collettiva svolta da enti appositamente costituiti, una cui definizione si può trovare nella Direttiva 93/83/CE sulla radiodiffusione via satellite e ritrasmissione via cavo, dove, all’art 1 si precisa che la società di gestione collettiva è “la società che gestisce o amministra il diritto d’autore o i diritti connessi al diritto d’autore quale unica attività o una delle attività principali”.

Gli autori che decidono di cedere i propri diritti di sfruttamento economico in gestione ad una apposita società sottoscrivono un contratto riconducibile alla figura del mandato o della cessione dei diritti, le cui condizioni sono preventivamente e unilateralmente predisposte dalla stessa società; con l’adesione, gli autori si privano della facoltà di esercitare individualmente i diritti ceduti e al contempo si obbligano al versamento di una quota, mediante ritenuta sui compensi da ripartire, a titolo di partecipazione alle spese di gestione.

I diritti patrimoniali che formano oggetto di amministrazione collettiva sono i diritti di comunicazione al pubblico in senso lato (e quindi l’esecuzione, la rappresentazione o recitazione, la radiodiffusione e la comunicazione via cavo e satellite), i diritti di riproduzione meccanica, il diritto di reprografia, il diritto di noleggio e prestito e il diritto di seguito.

Lo scopo primario delle società di intermediazione collettiva è la miglior tutela del diritto d’autore, che si concreta in una gestione efficace ed economica realizzabile attraverso l’efficiente esercizio delle attività istituzionali di concessione di licenze, di riscossione e di ripartizione dei proventi dovuti per lo sfruttamento economico dell’opera.

La concessione di licenze può considerarsi come il punto d’incontro tra la domanda e l’offerta: le società e gli utilizzatori negoziano le specifiche modalità di sfruttamento dell’opera e si accordano sul compenso da corrispondere. I compensi percepiti sono calcolati a percentuale la cui base di calcolo differisce a seconda del tipo di utilizzazione dell’opera protetta; i proventi così incassati sono successivamente ripartiti agli aventi diritto in base al criterio generale dell’effettivo utilizzo delle opere, il cd sistema di ripartizione capillare, affiancato da criteri tendenzialmente più approssimativi, quali il campionamento, che però garantiscono una maggior economicità.

Dai proventi ripartibili sono sottratte delle quote che vengono accantonate in fondi istituiti all’interno dell’Ente, impiegate in attività collaterali destinate al raggiungimento di finalità sociali e culturali; in particolare vi beneficiano gli associati che necessitano di spese mediche e assicurative.

Da non sottovalutare è l’apporto culturale fornito dalle società di gestione collettiva, che si dedicano a studi sul diritto d’autore e alla pubblicazione di riviste specializzate, all’organizzazione di festivals e altre attività artistiche; senza dubbio le attività esercitate dalle società di gestione collettiva rivestono un’importanza indiscutibile non solo perché facilitano la circolazione delle opere, ma anche perché si pongono come mezzo ideale per la trasmissione senza confini del patrimonio culturale.

Le società di gestione collettiva sono considerate dagli organi comunitari imprese ai sensi dell’art. 86 del Trattato CE in quanto “concedendo e gestendo a titolo oneroso diritti d’autore, svolgono un’attività imprenditoriale consistente nella prestazione di servizi nei confronti sia dei compositori, autori ed editori che degli utilizzatori delle opere dell’ingegno”.

Attualmente, non esistono norme volte a disciplinare la forma giuridica adottabile dalle società di intermediazione collettiva: nel panorama europeo la scelta degli Enti è ricaduta essenzialmente sull’adozione di forme private (associazioni, società a responsabilità limitata e altro ancora); da evidenziare la particolarità della situazione italiana in cui lo Stato ha voluto riservare l’intermediazione dei diritti d’autore in via esclusiva alla SIAE, ritenuto a tutti gli effetti ente pubblico economico, mentre per ciò che riguarda la gestione dei diritti connessi si è preferito lasciare alla libera iniziativa privata la scelta della forma giuridica (per la gestione dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori, nonostante la legificazione operata nei confronti dell’IMAIE, l’Ente era costituito già da anni come associazione privata non riconosciuta).

La giurisprudenza comunitaria considera le società di gestione collettiva imprese alle quali è applicabile la disciplina sulla concorrenza in quanto svolgono “un’attività economicamente rilevante a prescindere dallo stato giuridico e dalle modalità di finanziamento”: la prestazione di servizi sotto forma di sfruttamento e amministrazione dei diritti d’autore contro remunerazione incide senza dubbio sullo scambio di merci e servizi e conseguentemente sulla formazione di un mercato concorrenziale. Per la particolare natura dell’attività esercitata, che implica un accentramento dei diritti, le società di gestione collettiva godono di una posizione dominante sul mercato, di per sé non incompatibile con la disciplina antitrust, ma solo nel caso in cui l’attività esercitata dovesse dare luogo ad abusi. I comportamenti ritenuti incompatibili con la concorrenza perché idonei a vanificare gli effetti della libera circolazione delle merci e dei servizi e quindi ad alterare le condizioni concorrenziali sono quelli previsti agli artt. 81 e 82 del Trattato CE, ossia gli accordi e le pratiche concordate e l’abuso di posizione dominante.

Gli abusi sono tradizionalmente considerati sotto un triplice aspetto: i rapporti tra le società di gestione collettiva e i propri membri, i rapporti tra le società di gestione collettiva e gli utilizzatori e infine i rapporti reciproci tra le varie società di gestione collettiva.

Quanto al primo aspetto, rappresenta un abuso di posizione dominante l’applicazione di condizioni statutarie o contrattuali non eque o che comportano discriminazioni tra cittadini comunitari per la non applicazione del principio della parità di trattamento: la cessione obbligatoria di tutti i diritti d’autore, l’obbligo di aderire alla società per periodi di tempo elevati o ancora il voler escludere dalla tutela autori appartenenti ad altri Stati membri sono solo alcuni tra gli esempi più chiarificatori di clausole che hanno l’effetto di limitare il libero esercizio dei diritti d’autore o connessi oltre a quanto ritenuto indispensabile per la tutela degli stessi.
Nel rapporto con gli utilizzatori, le società di gestione collettiva non possono rifiutarsi, senza giustificato motivo, di consentire l’accesso ai propri repertori ad utenti appartenenti ad altri Stati membri così come non possono rifiutarsi di concedere un’autorizzazione ad un utente sempre senza giustificato motivo, in quanto sono sottoposte ad un generale obbligo di contrarre a condizioni eque.
Un altro esempio di abuso di posizione dominante ricorre con la richiesta di compensi sensibilmente più elevati rispetto ad altri Stati membri, senza che siano giustificati da divergenze obiettive e pertinenti la gestione del diritto d’autore.

Infine, per ciò che riguarda i rapporti tra società consorelle, gli accordi di rappresentanza reciproca stipulati per permettere agli aventi diritto di ricevere una remunerazione per lo sfruttamento delle proprie opere nel territorio di un altro Stato membro, e per le società di gestione collettiva di rafforzare il proprio potere contrattuale disponendo sul proprio territorio di un repertorio internazionale, possono implicare conseguenze che ostacolano la libera circolazione delle opere, non consentendo agli utilizzatori di ottenere licenze dei repertori mondiali per più territori nazionali.

L’applicazione della normativa antitrust alle società di gestione collettiva è sicuramente un efficace strumento per regolare il mercato e per controllare il comportamento delle stesse società ma non è sufficiente per realizzare un ottimale mercato interno della gestione collettiva dei diritti se non lo si accompagna all’istituzione di un quadro legislativo uniforme sul buon governo.

Le società di gestione collettiva nella società dell’informazione
Le prime società di gestione collettiva sono sorte sul finire del XVIII secolo, in piena Rivoluzione francese: in più di un secolo di vita hanno assistito alle innumerevoli evoluzioni che hanno radicalmente modificato il tessuto sociale e di fronte a sviluppi, talvolta repentini, hanno saputo reagire e adeguarsi ai vari contesti storici rinnovandosi e diversificando i servizi proposti. In poche parole, hanno sempre affrontato le nuove sfide adattando il modello di gestione grazie alla flessibilità che da sempre le caratterizza.

Gli ultimi anni sono stati contraddistinti da mutamenti tecnologici di un’intensità e velocità tale che le società di gestione collettiva sono state colte impreparate: con l’avvento della società dell’informazione proprio la flessibilità è l’elemento che più di ogni altro deve essere sfruttato per evitare che l’attuale modello di gestione collettiva diventi anacronistico e soprattutto inefficiente. La società dell’informazione può essere considerata un modello di infrastruttura globale in grado di veicolare le informazioni da una parte all’altra del mondo in tempo reale, mettendole a disposizione di tutti coloro che dispongono di un computer e di un telefono su cui connettersi: si tratta di un modello che non sostituirà ma affiancherà quello tradizionale.

L’aspetto più importante con cui il diritto d’autore si deve confrontare è legato alla trasformazione delle opere in formato digitale, la cd. digitalizzazione: le nuove tecniche digitali permettono infatti di superare la tradizionale concezione dell’opera incorporata in un supporto materiale. La dematerializzazione può ritenersi senz’altro una forma di sfruttamento agile ma non si deve dimenticare l’incidenza della stessa sui diritti esclusivi degli autori. L’opera può subire manipolazioni e alterazioni potenzialmente infinite senza essere oggetto del benché minimo scadimento qualitativo, sottoponendo gli autori a possibili violazioni dei diritti patrimoniali che la legge sul diritto di autore riconosce loro.

Già adesso, ma ancora di più in futuro, gli autori e gli artisti dovranno convivere con la possibilità che le loro opere ed interpretazioni possano viaggiare sulle ‘autostrade dell’informazione’ e l’unico modo per essere efficacemente tutelati è il ricorso all’assistenza fornita dalle società di gestione collettiva, che sono dotate di organizzazione e possono vantare saldi rapporti di collaborazione con le società consorelle e quindi in grado di affrontare meglio tali problematiche.

La necessità di porre un freno alle violazioni dei diritti d’autore e parallelamente di migliorarne l’amministrazione collettiva è stata lo stimolo per la predisposizione di mezzi di difesa attivi e passivi: nei primi rientrano tutte le misure tecnologiche di protezione che impediscono o limitano l’accesso, quali la cifratura e le distorsioni dell’opera; nei secondi sono inclusi i mezzi identificativi dell’opera, ossia le informazioni elettroniche sul titolo, sull’autore etc. che oltre a facilitare la gestione, fungono da deterrente contro la violazione dei diritti, escludendo la buona fede di eventuali utilizzatori abusivi.

Tra i mezzi di difesa passivi, un progetto degno di nota è quello fondato dalla CISAC, organismo internazionale non governativo che promuove il coordinamento delle società di gestione collettiva, denominato CIS (Common Information System): lo scopo è la creazione di un sistema di gestione digitale per l’identificazione delle opere e dei relativi aventi diritto accettato da tutte le società di intermediazione collettiva esistenti; oltre a rendere più semplice lo scambio delle informazioni, permette di automatizzare le transazioni e di ripartire i compensi tra le società consorelle con maggior precisione e rapidità.

Il modello di gestione collettiva che permetterà di apportare notevoli miglioramenti nella gestione dei diritti d’autore e connessi è senza dubbio lo ‘sportello unico’, modello avallato e consigliato dalla stessa Commissione Europea per i vantaggi che offre ai titolari dei diritti, agli utilizzatori e alle stesse società di gestione collettiva.

Mentre in Italia la SIAE è un Ente centralizzato che gestisce al proprio interno vari diritti di sfruttamento economico sulla generalità delle opere tutelate dalla legge sul diritto d’autore e si può ritenere che operi come sportello unico limitatamente alla gestione dei diritti sulle opere musicali, la quasi totalità delle società di gestione collettiva esistenti in Europa sono specializzate nella gestione di determinate facoltà sulle opere dell’ingegno: la gestione frammentaria dei diritti d’autore e connessi in più società di gestione collettiva si rivela inefficiente e insoddisfacente, soprattutto per il produttore di un’opera multimediale (ossia prodotti in cui si utilizzano opere appartenenti a categorie e generi diversi) che per poter utilizzare opere i cui diritti sono detenuti da più società di gestione collettiva, si espone a molteplici contrattazioni con più interlocutori. Il compito dell’utilizzatore è facilitato dalla nascita e sviluppo delle società di sportello unico (per esempio SABAM in Belgio e SESAM in Francia) che si pongono come intermediarie con i titolari dei rispettivi diritti: la società di sportello unico identifica i titolari dei diritti sulle opere di cui necessita l’utilizzatore, che è avvantaggiato dalla possibilità di avere come interlocutore una società di sportello unico a cui rivolgersi per ottenere la licenza di utilizzo, anziché contattare ogni singola società di gestione collettiva specializzata nella gestione di diritti sulle opere di cui gli utilizzatori stessi necessitano.

In conclusione, le società di gestione collettiva stanno rispondendo alla sfida lanciata dall’avvento della società dell’informazione con lo studio e la predisposizione concreta di forme di gestione adeguate alla realtà e alle problematiche che l’evoluzione tecnologica porta sempre con sé; lo sforzo e l’impegno dimostrato dalle società di gestione collettiva è senza dubbio lodevole ma insufficiente se non accompagnato ad una armonizzazione legislativa, che garantisca parità di condizioni relativamente alla gestione collettiva.

L’armonizzazione comunitaria
Per creare le basi per una gestione collettiva comunitaria è necessario intervenire su più fronti: gli aspetti attinenti alla costituzione delle società di gestione collettiva, alla trasparenza nel rapporto con gli utenti e con i titolari dei diritti, alle forme di controllo esterno.

La Comunità Europea ha voluto focalizzare l’attenzione su queste problematiche, mettendo a disposizione degli Stati membri una relazione che documenta la realtà esistente e che si propone lo scopo di fornire dei suggerimenti agli Stati stessi circa i criteri a cui si devono uniformare.

Le consultazioni prodotte dalla Commissione Europea hanno dimostrato che lo status giuridico adottato dalle società di gestione collettiva è ininfluente sull’efficacia dell’attività svolta. Ciò che invece dovrebbe essere regolato uniformemente a livello comunitario è la fase costitutiva, momento iniziale dotato di notevole rilevanza se lo si considera sotto l’aspetto del controllo: sottoporre a omogenee condizioni di accesso le società di gestione collettiva comunitarie, definendo i requisiti dei soci fondatori, le caratteristiche dello statuto, gli obblighi contabili, i criteri di ripartizione e altro ancora, significherebbe garantire parità di trattamento e standard di buona gestione dell’Ente.

Un altro aspetto che dovrà necessariamente essere valutato a livello normativo è l’applicazione del principio di trasparenza nei rapporti con gli utenti e gli aventi diritto: nei confronti degli utenti, le società di gestione collettiva sono la parte contraente forte in virtù del fatto che rappresentano in genere un vasto repertorio di cui hanno mandato esclusivo per l’amministrazione dei relativi diritti; di questa posizione privilegiata possono abusare indebitamente, tralasciando la pubblicazione delle condizioni per il rilascio delle autorizzazioni e delle relative tariffe applicate che gli utenti devono poter essere in grado di contestare ricorrendo alla giustizia ordinaria o amministrativa.

Nei rapporti tra le società di gestione collettiva e i titolari dei diritti è essenziale che il principio di trasparenza sia assicurato durante tutto l’iter che va dall’acquisizione dei diritti stessi fino alla cessazione del rapporto: all’atto dell’adesione, gli aventi diritto devono poter conoscere le condizioni relative all’iscrizione, alla rappresentanza e alla risoluzione del rapporto, e deve inoltre essere garantito loro l’accesso ai documenti interni e ai documenti contabili riferiti alla ripartizione dei proventi e ai relativi criteri. Gli organi comunitari si sono inoltre espressi favorevolmente sulla necessità di adottare norme che permettano ai membri di partecipare attivamente alla vita dell’Ente, prendendo parte alla elezione degli organi sociali in modo da assicurare loro un peso rilevante nel processo decisionale e strategico della società.

La futura regolamentazione comunitaria inerente alla gestione collettiva non può prescindere dalla rimozione delle divergenze attualmente esistenti circa i controlli a cui sono sottoposte le società di intermediazione collettiva. Nonostante in ogni Stato l’autorità pubblica intervenga a verificare che gli Enti mantengano un comportamento conforme allo Statuto e alle generali regole di buona condotta, le differenze tra le modalità di controllo sono a volte notevoli e contrastanti con lo spirito comunitario, proteso com’è verso l’armonizzazione del diritto d’autore.

Conclusioni
In conclusione, le società di gestione collettiva continueranno ad essere il punto di riferimento per la migliore ed efficace tutela dei diritti degli autori e dei titolari di diritti connessi, a condizione che le stesse non vivano con la presunzione di essere dotate di un impianto immodificabile, ma al contrario facciano del continuo aggiornamento, della trasparenza e dell’informazione nei confronti di membri ed utilizzatori lo scopo essenziale della loro esistenza e crescita.

Con la predisposizione di un quadro normativo europeo uniforme, quale risulterà dall’impegno promesso dagli organi legislativi comunitari, le società di gestione collettiva si presteranno ancora di più a fornire il loro imprescindibile apporto non solo nella protezione dei diritti ma anche nella salvaguardia della creatività intellettuale, unico vero elemento che garantisce lo sviluppo del patrimonio culturale.

Dott.ssa Barbara Rollini
Centro Studi sul diritto d’autore Nyberg

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